26 novembre 2014
LA MANIFESTAZIONE DI OGGI DEL
CONNA
Il 24 settembre scorso si è svolta una partecipata
manifestazione in via Isonzo 21 davanti al palazzo dell'Agcom con il
sostegno e l'approvazione delle tre maggiori associazioni dei
consumatori Adusbef, Codacons e Federconsumatori, promettendo che se non
fossero seguiti contatti con presidente e funzionari in merito alla base
sindacale rivendicativa consegnata a questi ultimi, di lì a due mesi
saremmo ritornati.
Puntuali, questa mattina mercoledì 26 novembre eravamo lì per gridare il
nome del presidente dell'Agcom Angelo Marcello Cardani il quale,
nonostante il suo stipendio di 300 mila euro annuali, fa orecchio da
mercante, svicolando, per continuare a servire il gruppo dei partiti che
lo ha eletto e che ha in programma di cancellare le poche voci libere
rimaste di radio e televisioni locali. Egli, oltre ad emanare continue
delibere vessatorie se non liberticide, ha proceduto contro la legge
affidando alle società private Audiradio e Audicom le indagini di
ascolto quando la legge 249/97 stabilisce che a curarle deve essere la
stessa Agcom tollerando incredibilmente che i telegiornali omettano la
voce di importanti gruppi politici come il Movimento 5 Stelle, o ne
parlino solo per diffamarlo.
E' stata una manifestazione autorizzata dalla Questura di pochissime
persone perché la nostra associazione ha inteso evitare lunghi viaggi ai
suoi associati, ben sapendo che i protagonisti sarebbero stati gli
altoparlanti messi a disposizione della televisione RTUA Acquesio di
Orvieto, nonché il direttivo del CONNA .
Come è già avvenuto il 24 settembre, nonostante la nostra regolare
comunicazione testimoniata da questo scritto inviato a tutte le agenzie,
era prevedibile il silenzio, in particolare quello del servizio pubblico
della Rai e di altri mezzi disinformativi nazionali, assuefatti ormai da
oltre dieci anni a ignorare le notizie quotidiane che interessano i
cittadini, per inseguirrne altre finte esplosive, peti di politici o
altro, rivelandosi sempre di più al grosso pubblico come esempi di
inutilità informativa.
Sappiano le Radio e Televisioni
locali supplire all'atteggiamento dei ladri di verità nazionali,
informando convenientemente e correttamente i loro ascoltatori.
Coordinamento nazionale Nuove Antenne (CONNA)
(Presidente Mario Albanesi)
19 novembre 2014
L'INTERVISTA
Il giorno seguente l'incontro del Conna con il
ministro-sottosegretario Antonello Giacomelli - come raramente ci capita
di fare - avevamo parlato di una persona ragionevole orientata
a risolvere i problemi annosi dell'emittenza locale.
Un'ora era durato il nostro colloquio in cui avevamo potuto dire cose
che altri non vollero ascoltare tutte le volte che abbiamo provato a
dirle.
L'informativa diretta alle emittenti avevamo preferito inviarla in
circolare a tutte le radio e a tutte le televisioni di cui disponiamo
gli indirizzi mail.
Oggi leggiamo con estremo interesse sue dichiarazioni che non esitiamo a
definire rivoluzionarie che ci danno la certezza che la nostra continua
pressione volta ad ottenere quel "rispetto" perso da anni e che
ritenevamo fosse indispensabile recuperare prima di ogni altra cosa ha
avuto un primo importante riscontro.
Ovviamente, siamo ancora all'inizio di un lungo percorso che potrebbe
raddrizzare la barca bucata delle radio oltre che delle televisioni
locali non dimenticandoci che è l'Agcom che rimane un imbuto nero da
esplorare...
Ma anche in questo caso, con la seconda manifestazione che faremo a Roma
entro 15 giorni davanti al palazzo di via Isonzo -
e magari se sarà necessario ad
una terza - siamo decisi ad affermare i diritti della nostra
associazione e dei nostri associati.
Quella che segue è l'intervista integrale del giornalista Gambassi ad
Antonello Giacomelli delegato alle comunicazioni.
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Il governo:
salveremo le tv locali
Giacomo Gambassi
Il Governo tende la mano
alle oltre cento televisioni locali che rischiano di essere spente nelle
prossime settimane. E, attraverso il sottosegretario con la delega alle
Comunicazioni, Antonello Giacomelli, apre spiragli per «cancellare gli
errori che hanno caratterizzato il passaggio dalla tv analogica a quella
digitale in questo comparto fondamentale per il panorama informativo
italiano e per il pluralismo».
Di fronte al diktat imposto alle tv di dover restituire entro la fine
dell’anno i canali che permettono loro di trasmettere ma che creano
interferenze con le stazioni oltre confine, Giacomelli annuncia
«la possibilità di mettere in campo frequenze non assegnate» fra cui
quelle dell’ex beauty contest. Sia le frequenze rimaste in mano
allo Stato dopo l’asta della scorsa primavera, sia quelle mai entrate in
alcuna gara potranno finire alle televisioni locali per continuare ad
andare in onda. Lo chiedevano da tempo le associazioni di categoria.
«Stiamo lavorando con Bruxelles per poter utilizzare anche le frequenze
che erano inibite per la procedura di infrazione aperta dall’Unione
Europea e che, invece, noi vorremmo concedere in questo frangente», fa
sapere il sottosegretario che ha un passato da dirigente televisivo. Una
svolta che rappresenta una sorta di rivoluzione per l’intero settore
delle telecomunicazioni italiane. Il beauty contest è il "concorso" per
assegnare le sei frequenze nazionali rimaste libere con il passaggio al
digitale terrestre. Prima doveva essere un'assegnazione gratuita; poi
sono state tre sono state messe all'asta, ma una è stata affidata:
perché soltanto Cairo ha scelto di partecipare alla gara.
Non solo. Giacomelli ipotizza anche uno slittamento dell’ultimatum dato
alle reti locali per restituire le frequenze: il 31 dicembre. È
stabilito che le emittenti debbano liberare i canali per quella data,
altrimenti scatterà il blocco degli impianti. «Non ci saranno
misure coatte – dice il sottosegretario –. Alle tv e alle loro
associazioni lanciamo una sfida: vogliamo fare insieme un percorso
virtuoso nei tempi che saranno necessari. Se occorrerà qualche settimana
in più, la concederemo. Purché non si tratti di una dilazione per far sì
che tutto resti com’è oggi».
Giacomelli fa un passo indietro per spiegare come si è arrivati alla
“teleghigliottina”. «Non siamo noi a mettere in pericolo le emittenti
locali. Anzi, tentiamo di salvarle. Perché le tv sono in bilico per le
scelte adottate negli anni precedenti. Quando c’è stato
l’avvento del digitale terrestre, si è optato per una nuova saturazione
dello spettro e sono state usate frequenze che l’Italia non poteva
impiegare». Il riferimento è alla scelta di concedere nel 2012
alle tv locali settantasei canali che l’Unione internazionale delle
telecomunicazioni (Itu) di Ginevra ha riservato a Slovenia, Croazia,
Francia, Malta, Svizzera e San Marino. Con il risultato che oggi i
segnali delle nostre reti si sovrappongono a quelli delle emittenti dei
Paesi vicini e tendono a oscurare i loro programmi. «Di fatto – prosegue
Giacomelli – si è voluto proteggere il duopolio caricandone il peso
sulle spalle dell’emittenza locale. E adesso siamo al paradosso che
nessuna delle nostre frequenze è riconosciuta a livello internazionale».
Di sicuro le frequenze sotto accusa dovranno essere lasciate. «Sono
state identificate con chiarezza quelle che creano interferenze e che
perciò non vanno usate – afferma il sottosegretario –. È un lavoro
compiuto dall’Agcom con cui abbiamo un’ottima collaborazione. Per questo
abbiamo scelto di favorire ogni iniziativa che consenta alle
emittenti di liberare volontariamente le frequenze senza che abbiano
gravi problemi: ad esempio, incentivando gli accordi per il
trasporto sulle frequenze di altre tv o creando realtà consortili.
Inoltre il Governo è impegnato a trovare risorse aggiuntive per gli
indennizzi» alle reti che dismetteranno i canali.
A questa strategia si accompagna la volontà di «assegnare nuove
frequenze e facilitare una riorganizzazione autonoma degli operatori»,
aggiunge Giacomelli. L’obiettivo finale ha più volti. «Puntiamo, da un
lato, a far rientrare l’Italia nella legalità internazionale iscrivendo
tutte le nostre frequenze a Ginevra ed eliminando la Penisola dalla
lista nera degli osservati speciali. Dall’altro, desideriamo che le tv
locali abbiano la certezza di poter operare in tranquillità. Ormai non è
più possibile far finta di niente o procedere con un’altra invenzione
all’italiana per tirare a campare. Sarebbe l’ennesimo macigno sulle
emittenti locali e sulle migliaia di lavoratori che animano queste
televisioni».
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