25 luglio 2007
CODICE
Questa mattina alle ore 11,30, a Roma, al
largo Brazzà - presenti i ministri Paolo Gentiloni e Giovanna Melandri -
è stato sottoscritto il Codice di autoregolamentazione dell'informazione
sportiva denominato "Codice media e sport".
Come avevamo già riferito nelle "Ultimissime" del giorno 15 di questo
mese, il Conna è riuscito ad ottenere un alleviamento delle eventuali sanzioni a
carico delle imprese ed una maggiore responsabilizzazione dei conduttori
delle trasmissioni sportive.
Il testo completo è stato pubblicato tempestivamente sul sito di
Newslinet,
all'indirizzo:
http://www.newslinet.it/shownews.php?nid=2403
23 luglio 2007
CORSERA
Solo oggi ci è stato segnalato un articolo
comparso il 12 luglio sul Corriere della Sera dovuto ad un giornalista,
Claudio Del Frate, in grado di dare il giusto peso alla notizia di un
grave abuso commesso nella più totale distrazione che
nessun giornale italiano - nonostante alcuni nostri lanci di agenzia di
allarmata segnalazione - non ritenne "utile" pubblicare.
Gli esperti di questioni radiotelevisive anche non iscritti al Conna, noteranno con una certa irritazione
la "giustificazione" del deputato Davide Caparini che giunge ad affermare
il falso nello spacciare per "miglioramento impianti" ciò che
è stato un unidirezionale provvedimento tutto a beneficio della Lega
imposto alla maggioranza berlusconiana di allora dal Caparini medesimo.
CORRIERE DELLA
SERA (12
luglio, 2007)
IL CASO
Quell' emendamento da un milione di euro
MILANO - Comma 218 della legge Finanziaria del
2004: quanti si presero la briga di spulciare quel micro articolo?
Pochi, anche perché quell' anno la legge di bilancio era composta da un
maxi emendamento. Tra quei pochi ci fu Natale Ripamonti, senatore dei
Verdi: «È lì dentro - ricorda il parlamentare - che si trovava il
gentile omaggio dell' allora governo di centrodestra a Radio Maria e
Radio Padania». Il comma erogava un milione a fondo perso alle
cosiddette «radio comunitarie nazionali». Si tratta di emittenti senza
scopo di lucro, che diffondono contenuti «culturali, politici,
religiosi», che non superino il 5% di affollamento pubblicitario e siano
ascoltate su una vasta area del territorio nazionale. «In pratica -
sottolinea Ripamonti - solo Radio Maria e Radio Padania rispondevano a
quei requisiti». «Era un emendamento che metteva a disposizione fondi
per il miglioramento degli impianti delle radio comunitarie - replica
invece il deputato leghista Davide Caparini -, ma le erogazioni furono
decise dalla Presidenza del Consiglio». Una regalìa infilata di
soppiatto in un provvedimento più grande? «Peggio - si accalora Mario
Albanesi, presidente del Conna, un' associazione di piccole emittenti -
quello è stato uno scandalo ben più grave. Già nel 2001 le radio
comunitarie vennero autorizzate a occupare frequenze senza le dovute
autorizzazioni. E di questo hanno beneficiato quelle due radio. Con la
Finanziaria del 2004 è arrivato un ulteriore regalo, costato in pratica
la sopravvivenza di molte piccole antenne locali, costrette a chiudere a
causa dell' invadenza di Radio Maria e Radio Padania».
Del Frate Claudio
15 luglio 2007
COMMISSIONI
Diamo brevemente conto su quanto di è svolto nelle due Commissioni per
le televendite e contro la violenza nello sport rispettivamente
presiedute da Adalberto Baldoni e Giuseppe Sangiorgi .
La prima si è riunita presso il Ministero dell'Eur presentando casi di
violazione del Codice di autoregolamentazione da parte di alcune
televisioni. Il rappresentante del Conna ha raccomandato
per evitare in futuro malintesi circa l'interpretazione delle norme cui
le emittenti devono attenersi di compilare un elenco delle infrazioni
più comuni. Nel momento in cui disporremo di questo documento di
cortesia provvederemo a pubblicarlo su questo spazio; è inoltre emersa
l'esigenza di apportare modifiche formali e sostanziali al Regolamento
di procedura e di gestione delle segnalazioni.
La seconda si è riunita presso la sede "politica" di Roma del Ministero
di largo Brazzà. Anche in questo caso il Conna ha fatto osservazioni
sulla bozza del Codice di autoregolamentazione per quanto riguarda i
compiti dei conduttori delle trasmissioni e le sanzioni erogabili a
quanti incitano alla violenza sportiva. Nella nuova bozza che ci è stata
inviata e che sarà ancora discussa prima di presentarla in sede
squisitamente politica prima della pausa estiva abbiamo notato con
piacere che buona parte delle nostre proposte per una minore severità
nei confronti delle aziende radio e tv - spesso vittime dei conduttori
medesimi - sono state accolte.
4 luglio 2007
VIII COMMISSIONE
Mercoledì 3 luglio alle ore 15 siamo stati sentiti dalla VIII
Commissione del Senato sul disegno di legge Gentiloni che riguarda la
Rai, un pessimo pasticcio che si accorda perfettamente con tutte le
brutture legislative che hanno disastrato il settore radio tv.
Il ministro Gentiloni ha agito con una approssimazione e una arroganza
incomparabili evitando qualsiasi confronto mentre privilegiava i
rappresentanti di quei poteri forti che evidentemente per lui sono i
soli a dover essere presi in considerazione.
Chi ne ha voglia può leggere il resoconto praticamente stenografico
che segue circa i concetti espressi dal rappresentante del Conna.
Alla nostra associazione non profit - nata
nel 1975/76 è sempre stata a cuore la sorte della Rai perché il servizio
pubblico in base alla sentenza della Corte costituzionale n.102 del 1976
avrebbe dovuto costituire un perno centrale comunicativo circondato da
una miriade di piccole stazioni locali radio e televisive che oltre a
svolgere opera informativa sul territorio, avrebbero potuto stimolare le
reti nazionali in inventiva e iniziative. Sappiamo poi come da questa
ipotetica linearità si sia passati ad una conquista violenta da Far West
dove hanno predominato i meglio protetti e armati economicamente
favoriti dalla cecità di forze politiche che avrebbero potuto opporsi a
questo stato di cose, cecità che si manifestò più volte di fronte alle
scadenze cruciali sottovalutando il pericolo di affidare al solo mercato
futuri miglioramenti. Non si era capito che la legge della concorrenza -
benefica in altri campi - in quello della informazione e della
comunicazione di massa produceva un effetto contrario. Con appena una
maggior riflessione sarebbe apparso ben chiaro che i soggetti privati
non avrebbero esitato a valersi dei mezzi più accattivanti magari
profondamente diseducativi pur di disporre di un gran numero di
ascoltatori cui vendere i propri messaggi pubblicitari. Dovevamo
aspettare oltre trenta anni per sentire affermare recentemente dal
politologo Giovanni Sartori il concetto che la “concorrenza nel settore
delle comunicazioni di massa agisce in senso negativo”. Un effetto che
ha interessato particolarmente la nostra associazione è l’implicito
processo di concentrazione dovuto alla commistione del mondo degli
affari con quello delicato della comunicazione: era inevitabile si
arrivasse a concentrare in poche mani – anche in forza di leggi
compiacenti che consentivano acquisti e incorporazioni forsennate – le
emittenti locali che per anni avevano atteso invano provvedimenti adatti
alla loro crescita. In questo quadro torbido, il Ddl n. 942 a firma del
presidente Francesco Cossiga, liquidato frettolosamente da qualcuno come
utopistico, mostra invece una sua acuta logica provocatoria nel ritorno
al tutto pubblico controllato dallo Stato come era un tempo. Il
presidente Cossiga, che purtroppo parla con un ritardo di oltre 25 anni,
ha capito a differenza di altri, che provvedimenti invasivi possono solo
determinare il definitivo tracollo del servizio pubblico radio tv
rappresentato dalla Rai. Cosa propone infatti il Ddl 1588 Gentiloni se
non un assetto della Rai in condizioni di spezzettamento e di estrema
debolezza per un ritorno ad una non meglio definita diversità dalla
televisione commerciale?
Proviamo a tradurre.
Il servizio pubblico darebbe spazio al melodramma, all’informazione
mondata dai fatti di cronaca nera che oggi la fanno da padrone, alle
commedie napoletane, alla danza classica, ai giovani registi, finalmente
si conoscerebbe tutto sulle opere di Alessandro Cane che è un regista
affatto disprezzabile, ma il grosso pubblico che si può quantificare
intorno all’ottanta per cento della massa generale degli ascoltatori,
finendo per considerare la Rai un rifugio di barbosità, una televisione
residuale molto simile a quella pubblica degli Stati uniti seguita da
una minoranza di cittadini, sarebbe preda esclusiva della
televisione commerciale privata.
E’ quindi necessaria una scelta fra quanto propone il senatore Cossiga e
l’accettazione delle leggi di mercato, non si intravedono altre
strade praticabili. Per la prima soluzione occorrerebbe un
coraggio ed una competenza che l’attuale maggioranza non ha e se la
seconda, quella del mercato apparisse ineluttabile, intanto
dovrebbe essere mantenuta l’unitarietà dell’Azienda con la attuale
ragione sociale perché la soluzione della fondazione nasconde il
pericolo dell’introduzione di figure dirigenziali magari ben reputate in
altri campi ma estranee a quello televisivo e radiofonico.
Privatizzata la Rai lo è già in perfetta risposta al Referendum del 1995
perché non molti sanno che la Società italiana autori ed editori ha una
sia pur piccola partecipazione azionaria che ad altri privati deve
essere senza esitazioni interdetta per le scelte negative che ne
deriverebbero simili a quelle insegnate dall’esperienza Sip di buona
memoria la quale, pur essendo pubblica, a decidere gli indirizzi
dell’ente telefonico in materia di tariffe e di sviluppo era
l’aggressivo gruppo minoritario di azionisti privati.
Poi la quantità di raccolta delle risorse da parte delle concessionarie
(Sipra, Publitalia o altri) dovrebbe essere liberalizzata da “tetti” di
qualsiasi genere consentendo la rivendita della pubblicità ad altre
aziende specie locali: unico limite, la quantità di messaggi
effettivamente trasmessi dalle varie testate radiotelevisive che
dovrebbe essere inferiore (e a costi più alti) rispetto alle permissive
norme vigenti.
Infine, il sempre meno sostenibile e impopolare canone Rai che oggi
vorrebbe colpire addirittura tutti coloro che nel proprio computer hanno
installato una scheda video di ricezione potrebbe essere ridotto ad un
terzo rispetto all’attuale (con grande sollievo per i cittadini)
permettendo il finanziamento della Rete3 televisiva senza pubblicità
(come ha stabilito la nota sentenza della Corte costituzionale) oltre al
mantenimento di tutto ciò che si richiama al servizio di pubblica
utilità, ovvero la radiofonia, il ripristino delle Onde Medie,
Televideo, Rai autostrade, sperimentazione e altro.
Nota. Qualche volta il nostro
sito www.conna.it
può risultare fuori uso. Collegarsi
in alternativa a
www.nuoveantenne.it
1 luglio 2007
ALGARROBO
Appartiene alla famiglia delle mimosacee ma non ha quasi nulla di
vegetale perché sembrerebbe più simile ad uno strano metallo, per la sua
durezza e pesantezza.
E' l'algarrobo un legno a tutti gli effetti ma non certo
adatto a fabbricare manganelli altrimenti essi avrebbero la rigidità dei
tristemente famosi "Tonfa" - equivalenti a sbarre di ferro - usati
alla scuola Diaz di Genova per massacrare indifesi ragazzi e ragazze da
elementi indegni di appartenere alle forze dell'ordine.
Ebbene, un giudice illuminato - tenendo conto che non si trattava di una
persona ma di una società per azioni - ha deciso di utilizzare
senza tanti complimenti una mazza di algarrobo per colpire in testa la
Scf che bella bella si era presentata lo scorso anno in poco meno di
duecento centri commerciali pretendendo di riscuotere in proprio i
"diritti connessi" nonostante sia la sola Siae ad avere l'incombenza
(per legge) di farlo.
La società che gestisce i centri commerciali, a differenza di molte
radio e tv tradite da associazioni dall'agire torbido che le hanno
consigliate di pagare senza avere l'obbligo di farlo, aveva fatto
ricorso e come molti già hanno potuto leggere su Internet (i giornali
italiani, questi campioni di verità, hanno in maggioranza
occultato la notizia ) il giudice per le indagini preliminari di Milano
ha archiviato la denuncia della Scf .
Egli ha ha capito al volo, senza magari essere un esperto in diritto
d'autore ma leggendo semplicemente l'articolo 180 della 633/41,
che entità qualsiasi anche se hanno costituito società per azioni per
darsi importanza, non hanno nessun diritto di imporre balzelli; non
solo, ma ha rilevato addirittura pesanti ambiguità (il Conna lo ripete
da anni) a carico della Siae medesima.
Bisogna aggiungere un fatto molto grave alla vicenda: l'intervento della
Guardia di Finanza abilitata - e solo in casi eccezionali - a tutelare
la Siae e nessun'altra società, neppure dietro denuncia.
Se così non fosse, un qualsiasi esercente con il solo sospetto
della consumazione di una presunta irregolarità presso un concorrente
potrebbe valersi della GdF declassandola ad un corpo militare dello
Stato al suo servizio.
I pretendenti dei diritti connessi quindi faranno bene a dismettere
il loro atteggiamento arrogante e a ritornare al
passato quando la Siae devolveva una parte dei suoi proventi agli aventi
diritto.
Se non sceglieranno questa strada - in particolare la Scf - essi sono destinati ad incassare
altre bastonate. Di legno duro.
Cliccare
qui per continuare la lettura delle Ultimissime
|