22
marzo 2001
Le radio, forse per la prima volta, si sentono candidate all'estinzione
e non ricorrono a giri di parole per darlo da intendere.
"Veniamo a Roma a manifestare", "Il Conna deve guidare
una protesta nazionale sotto le finestre del ministro e del
sottosegretario" e via via combattendo.
Cari amici, come volete che possiamo guidare una manifestazione che si
ridurrebbe al massimo alla presenza di 200/300 persone (gli ascoltatori
certo non parteciperebbero) che lascerebbe Roma completamente
indifferente, abituata a periodiche "invasioni" di 100.000
manifestanti come oggi è avvenuto con gli agricoltori?
Noi non ci sentiamo di scomodare dalla loro città, dal loro paese tante
persone gravate già da tanti impegni, assecondando solo il desiderio di
sfogarsi di qualcuno di loro, senza essere certi in prospettiva di
ottenere un risultato che non sia quello di perdere tempo.
Negli Anni Ottanta era ancora possibile dar luogo a grosse
manifestazioni come quella che organizzammo a Roma a piazza S.S.
Apostoli, presenti migliaia di persone, o come quell'altra in viale
America all'Eur dove i Pullman arrivati da tutta Italia neppure sapevano
dove parcheggiare tanti erano.
Oggi, lontani i tempi di "Radio Tenda" ai Fori imperiali o a
piazza San Giovanni, siamo purtroppo di fronte ad una emittenza locale
radiofonica e televisiva fortemente ridotta, decimata, sfiduciata, e
l'entusiasmo di pochi non è certamente sufficiente per imporsi.
Le cause? Principalmente la mancanza di spirito collaborativo di
categoria e l'aver confuso una associazione "non profit" come
la nostra con altre organizzazioni a carattere speculativo.
La falsa "sicurezza" che queste associazioni davano era
certamente maggiore della nostra: assistenza legale (sia pure pagata a
parte), fax informativi continui in numero addirittura eccessivo,
avvertimenti in merito a questa o quella scadenza: il titolare di una
impresa radio tv era convinto di aver operato la giusta scelta, si
sentiva "protetto", e le somme salate pagate per appartenere a
questi "sindacati gialli" non lo preoccupavano.
Il confronto con le quote risibili pagate al Conna e i nostri lunghi
silenzi gli fornivano "la prova del nove" che la nostra
associazione valeva meno di altre.
Non era così; ed il brusco risveglio si è verificato nei giorni scorsi
quando i "protetti" di media e piccola taglia hanno potuto
constatare di persona il tradimento dei loro "protettori" che
per per soddisfare gli interessi di poche e grosse imprese radiofoniche
sue clienti (ma in passato era avvenuto anche per le televisioni) sono
riusciti, muovendo politici e soggetti vari, ad imporre tante altre
sopraffazioni, principalmente l'assunzione obbligatoria di due
dipendenti anche alle emittenti dei piccoli e piccolissimi centri.
Contemporaneamente, in campo televisivo, sono state rilasciate le solite
"concessioni" e autorizzazioni fasulle con una operazione
analoga a quella del 1993/94. Ebbene, tra la soddisfazione di tutte -
dicasi tutte - le altre associazioni presenti alla riunione convocata
d'urgenza dal ministro Cardinale durante la quale ci sono state
consegnate le raccolte rilegate dei dati approntati dalla Commissione,
gli unici a parlare con tutta decisione di diritti, di Costituzione e
dell'articolo 21, sono stati segretario e presidente del Conna, e se
molte delle istruttorie verranno riesaminate, ciò sarà dovuto
esclusivamente all'azione del Conna.
Questi sono i compiti di una associazione di categoria, non quelli di
subissare di fax o assicurare una "difesa" legale che può
(con enormi vantaggi) essere affidata ad un avvocato locale ben
introdotto in materia!
E' per questo motivo, se ancora qualcuno non lo avesse capito, che
abbiamo evitato i lamenti e abbiamo deciso di passare all'azione legale
in Italia e se sarà necessario a Bruxelles.
Non abbiamo neppure pubblicato le numerose lettere che ci sono
arrivate perché letta una, tutte le altre più o meno sembravano
scritte dalla stessa mano con inutili insulti al ministro, strilli per
l'incostituzionalità dei provvedimenti (bella scoperta!), velleitarismi
e tanti altri "mugugni" che tuttavia non contano sul piano
pratico.
Restiamo
quindi ai fatti:
1)
intanto gli operatori radio e tv estromettano (possibilmente in malo
modo) gli sciacalli che si presentano dicendo "..vendete, perché
intanto, presto o tardi dovrete chiudere";
2)
ci si convinca che è nostro buon diritto difendere con le unghie e con
i denti ciò che è stato costruito in 25 anni, ossia l'unico tipo di
emittenza di pubblica utilità che ha aperto la strada alla "libera
antenna";
3)
ognuno non pensi a "cavarsela da solo" all'italiana. Oggi, il
titolare di una delle tante emittenti che ci hanno chiamato, sosteneva
che non essendoci controlli sistematici nella sua regione, potranno
essere praticate assunzioni fittizie. Non è così che si risolvono i
problemi, metodi di questo tipo di carattere individualista, sulla
distanza, a parte che sono poco dignitosi, sono perdenti;
4)
si continui l'opera di autorganizzazione. Quanti vorranno mettere a
disposizione una parte del loro tempo per contribuire a raccogliere
adesioni ci comunichino la loro E-mail, la pubblicheremo insieme a
quella di Radio Arcobaleno della Sardegna, di Radio Nuova Musica del
Friuli, di Radio Onyx Star della Lombardia, di Radio Stereo DJ della
Sicilia.
5)
convincersi nel proprio intimo che l'emittenza locale, proprio per
l'azione insostituibile che svolge sul territorio, è indistruttibile.
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