Ultimo aggiornamento:
25/06/2011 08.25 |
27 gennaio 2011
INAFFIDABILI
Dal periodico telematico
www.Newslinet.it edito da Planet apprendiamo che
Aeranticorallo e Frt - massimi responsabili della catastrofe
che sta colpendo le televisioni - hanno deciso
di convocare i loro iscritti.
Cosa potranno mai dir loro se non annunciare una campagna di
"spot" (inutili come i precedenti) volti a nascondere la loro
incapacità e povertà di idee che sta vanificando per molti
operatori 35 anni di lavoro stentato e di sacrifici?
Annunceranno qualche incontro con politici, magari con il poeta Corrado Calabrò o con Paolo
Colpo Grosso
Romani , e poi tante cause
al Tar destinate a prosciugare definitivamente le tasche a
chi si è già economicamente dissanguato per procurarsi le apparecchiature
necessarie per trasmettere in numerico.
A senso tutto ciò? Sentire Giunco della Frt che fa la voce
grossa, proprio lui che ha fatto finta di non udire gli inviti
del direttivo del Conna che lo sollecitavano pubblicamente a
prendere una posizione unitaria a salvaguardia della categoria
quando i tempi ancora permettevano di farlo comodamente anche
se in quei giorni era troppo impegnato ad accaparrarsi la migliore
posizione frequenziale per la sua Tele Espansione di Como?
La cecità dei Giunco e dei Rossignoli - abbondantemente
dimostrata dall'uscita (tardiva) dalla associazione Dgtvi, fa
di questi signori parte inattendibile e inaffidabile, anche se
tenteranno l'impossibile per salvarsi da una generale
condanna.
Ad ogni buon conto quattro associazioni del settore (tra le
quali in Conna) sono impegnate a costituire in queste ore un
organismo di emergenza:
una federazione di associazioni che non si fanno grandi
illusioni su ciò che riusciranno ad ottenere stante gli anni
persi da altri in totale inedia e immobilismo, ma che possa
presentarsi davanti alle parti istituzionali, a testa alta,
con le carte in regola pretendendo rispetto e
considerazione.
20 gennaio 2011
DOMANDA
Ricordiamo che il decreto
del presidente della Repubblica (Dpr) n.223 fissa nuovi
criteri per rivolgere quelle che erano la pre-domanda (entro
il 31 gennaio) e la domanda (entro il 31 marzo) di ogni anno
volte ad ottenere i contributi per l'editoria.
Tali provvidenze come sappiamo sono state parzialmente
tagliate, tuttavia è bene rivolgere comunque domanda per
evitare di essere discriminati di fronte ad altre richieste di
contributi.
iL Dpr citato consta nel solo articolo che segue ed una lunga serie
di avvertenze che omettiamo.
Dpr 25 novembre 2010 n. 223
Art. 1
Presentazione delle domande
1. Le domande per la concessione dei contributi di cui all'articolo 3
della legge 7 agosto 1990, n.
250, sottoscritte dal legale rappresentante,
sono presentate per via telematica
e con firma digitale dal 1° al 31
gennaio dell'anno successivo a quello
di riferimento dei contributi, secondo le modalita' pubblicate
sul sito internet della Presidenza del
Consiglio dei Ministri.
Qualora l'impresa sia impossibilitata ad utilizzare lo
strumento informatico, la domanda puo' essere presentata
entro lo stesso termine anche mediante
raccomandata postale.
Le domande presentate al di fuori del periodo indicato
sono inammissibili.
La documentazione istruttoria e' trasmessa, unicamente
mediante raccomandata postale con avviso di
ricevimento o per via telematica,
con firma digitale, secondo modalita'
indicate sul sito internet della Presidenza del
Consigliodei Ministri. La medesima documentazione
istruttoria deve comunque pervenire, a
pena di decadenza dal diritto
all'ammissione al contributo, entro il
30 settembre dell'anno in cui e'
stata presentata la domanda per la concessione.
18 gennaio 2011
LUNGIMIRANZA
E' in atto un
tentativo da parte di alcune associazioni e di titolari di
emittenti televisive - tra le quali il Conna - di svolgere una
azione in favore delle emittenti televisive locali e
multiregionali colpite dall'imposizione dello sciagurato
sistema di diffusione in digitale e da tutta una serie
negativa di provvedimenti economici e tecnici.
Probabilmente - se l'azione non sarà immediata e dirompente
anche sul piano pubblicistico - il tempo trascorso
incoscientemente per anni nella immobilità più assoluta
nonostante qualche voce si levasse segnalando il pericolo
mortale che si stava avvicinando, difficilmente potrà essere
recuperato.
La nostra associazione sta cercando in tutti i modi di
suggerire di abbandonare opportunismi, rivalità esibizionismi
e magari il desiderio di trarre anche da questa operazione
opportunità economiche e di potere. Come associazione non
profit abbiamo le carte in regola per essere un tantino al
di sopra delle parti inoltre, riguardo alla strategia da
adottare, basterebbe leggere i titoli di prima pagina degli
scorsi anni del nostro Nuove Antenne sul sito
www.nuoveantenne.it
per rendersi conto quanto fossimo
lungimiranti.
10
gennaio 2011
AMBIENTE MEDIA
Il nostro giornale periodico Nuove
Antenne che abbiamo proposto su questo spazio articolo dopo
articolo per supplire allo scandaloso impedimento posto dal
governo Berlusconi alla spedizione dei giornali attraverso le
Poste Italiane, è stato inserito da Ambiente Media che
cura i nostri siti su
www.nuoveantenne.it .
A tutt'oggi nulla si sa sulle sorti della stampa no profit
ma il Conna cercherà di non risultare eccessivamente
danneggiato distribuendo su Roma alcune migliaia di copie
(Camera, Senato Rai, istituzioni di ogni genere) mentre gli
operatori televisivi e radiofonici saranno di volta in volta
invitati a valersi del sito Internet di Nuove Antenne.
Duole comunque che migliaia e migliaia di pubblicazioni
tecniche, culturali, sociali, pacifiste, religiose,
ambientaliste, animaliste ecc.. - voci ritenute da questo
governo scomode - siano state di fatto annullate.
Neppure nel Ventennio fascista si era assistito a tanto scempio..
06 gennaio 2011
NOTE DI SERVIZIO
1) Dopo la felice esperienza - rimasta però isolata - del
circuito pubblicitario nazionale del Conna, si presenta ora una
migliore opportunità che merita di essere raccolta al volo anche
per la condizione economica - quasi sempre precaria - in cui
versano le radio.
Per poter riorganizzare l'intero impianto di diffusione in grado
di fornire serie garanzie agli inserzionisti nazionali è
necessario poter comunicare fra di noi; fatto apparentemente
scontato ma che trova ostacolo nel cambio di indirizzi e-mail
effettuati da molte emittenti che non ci sono stati comunicati.
Invitiamo pertanto a mandare immediatamente una e-mail a
conna@conna.it con gli
indirizzi aggiornati. Seguirà un messaggio preliminare.
2) Avvertiamo che dopo averne pubblicato
singolarmente gli articoli il nostro giornale Nuove Antenne è
stato inserito sotto la voce "Dicembre 2010" del sito
www.nuoveantenne.it .
E' perfettamente leggibile anche meglio del cartaceo perché è possibile ingrandire i caratteri.
04
gennaio 2011
ANTICIPAZIONE
(9)
Come avevamo annunciato il
commento che segue è l'ultimo contenuto nel numero di dicembre
2010 di Nuove Antenne anno ventiseiesimo.
RISCHIO CHIUSURA PER LE WEB RADIO
di Gianluca Cicinelli
L'autorità Agcom sta lavorando ad alcune norme per combattere la
pirateria e chi trasmette in streaming eventi (come quelli
sportivi) e contenuti audiovisivi a pagamento e protetti da
diritto d'autore. L'Agcom inoltre ha stabilito alcuni obblighi
per le web tv e web radio con una nuova normativa che impone
alcune restrizioni per quelle che fatturano più di 100 mila euro
l'anno. Per i ricavi si intendono quelli svolti attraverso
l'attività principale di editoria audiovisiva che non riguardano
i blog che pubblicano contenuti multimediali o siti
giornalistici che fanno capo a gruppi che lavorano
nell'editoria.
Gli obblighi consistono in una dichiarazione di inizio attività
delle trasmissioni da trasmettere al ministero allo Sviluppo
Economico: se on-demand possono cominciare subito mentre quelle
con palinsesto devono aspettare 30 giorni.
C'è un costo iniziale poi di 500 euro perle web tv e 150 euro
per le web radio. Agcom ha escluso anche le community come You
Tube da questo regolamento anche se in questo caso la normativa
è ambigua in quanto rientrerebbero quelle comunità che hanno una
responsabilità editoriale nel pubblicare audio/video e che fanno
concorrenza alla tv tradizionale.
Tutto ha avuto inizio con il decreto Romani, l’attuale Ministro
dello Sviluppo Economico, secondo il quale tutto quello che si
guarda e si ascolta è televisione.
Spiega l’avvocato Guido Scorza, esperto del diritto applicato
alle nuove tecnologie, “Chiunque voglia esprimere liberamente il
proprio punto di vista attraverso l’utilizzo di un contenuto
audiovisivo, per il nostro ordinamento, ormai da qui a qualche
settimana, è uniformato ad un soggetto che ha scelto di fare
della televisione attraverso il web la propria professione, e ha
scelto di farlo in maniera imprenditoriale;dunque è normale e
ragionevole che per farlo venga sottoposto a vincoli burocratici
inesistenti nella maggior parte dei paesi al mondo”.
Il regolamento dell’Agcom, che inizialmente prevedeva tasse e
limitazioni maggiori di contenuto, dovrebbe ora essere
ridiscusso dall’Authority il 25 novembre, consisterà
nell'obbligo di una dichiarazione di inizio attività con un
costo di autorizzazione pari a750 euro per web radio e pari a
1.500 euro per le web tv lineari.
In precedenza si trattava di costi da rinnovare ogni anno,
adesso diverrebbero una tantum, ma non è certo neanche questo.
All'esame anche il lancio di una consultazione pubblica per il
presidio del diritto d'autore, al fine di individuare i
meccanismi che consentano di intervenire in via amministrativa
contro le violazioni. Costi che penalizzano queste piccole ma
combattive realtà e che comporterebbero gradualmente la
cessazione delle attività. In poche ore però sulla rete, proprio
lo strumento che il governo e l’Agcom volevano colpire,appena la
notizia ha iniziato a circolare, sono stati numerosi gli inviti
alla disobbedienza civile, per trasmettere utilizzando server in
nazioni fuori dalla giurisdizione italiana per dimostrare
l’accanimento censorio di un provvedimento nato con l’apparente
finalità di porre fine al caos e all’anarchia della rete. Che
occorra una regolamentazione sono proprio le emittenti a
chiederlo, ma nel senso della tutela della libertà d’opinione e
dell’esenzione per imprese non commerciali da quest’odioso
balzello. Un balzello che colpisce non solo chi già c’è, ma
anche emittenti come quella che scrive, con altre persone, chi
stava per mettere online, progetto rinviato alla definitiva
stesura della regolamentazione. Sono infatti centinaia, ma ne
nascono in continuazione ogni giorno, le emittenti online nate
dalla volontà di gruppi di persone che vogliono condividere con
la loro comunità musica e parole senza nessun ricavo
commerciale. Sull’ormai immancabile Facebook si è costituito un
coordinamento web delle emittenti colpite dal provvedimento, di
cui in questo momento fanno parte circa 50 soggetti, da
Quantaradio station che ha fondato il gruppo a Radio Sonar che
ha già sospeso le trasmissioni, a Radio Pazza, Imagosound di
Messina, Subradio Sonora e naturalmente facciamo torto a tutte
le altre che sarebbe troppo lungo elencare, ma ci trovate tutti
digitando sul search di Fb “Coordinamento web radio libere”. Il
presidente dell’Agcom Corrado Calabrò, proprio ieri, mercoledì,
probabilmente sorpreso dalla pronta reazione delle web radio, ha
voluto smorzare i toni sostenendo che verranno alla fine
“sburocratizzate” le regole “puntute” contenute nel decreto
Romani.
Peccato che nessuno gli creda, a partire dalla constatazione che
è stato preciso obiettivo di questo governo colpire ogni forma
di dissenso e denuncia delle illegalità, dai casi Luttazzie
Biagi a Santoro, al più recente Saviano. Il senso è chiaro: oggi
che la tecnologia permette a tutti con costi possibili di
veicolare idee,notizie e controinformazione, il governo colpisce
la tecnologia. Lo stesso centrodestra che nel 2001 chiamò il
paese a raccolta sulle tre I (Impresa Inglese e Internet), oggi
ha finalmente capito cosa è ilnet, l’interconnessione, ed ha
paura di ciò che spaventa che non riescono a bloccare neanche i
regimi autoritari da Teheran a Pechino:non esiste legge al mondo
che possa fermare la circolazione d’idee su internet.
Stavolta però il governo ha fatto male i suoi conti e alla fine
avrà avuto un innegabile merito: costringere i pionieri della
comunicazione online, per reagire contro il provvedimento, a
conoscersi e unirsi. Da soli forse ci avremmo messo qualche anno
di più.
03
gennaio 2011
ANTICIPAZIONE
(8)
Ancora due articoli tratti da
Nuove Antenne che non sono strettamente legati al giorno, alla
settimana o al mese ma che fanno parte di quelle
considerazioni che non hanno tempo, delle quali però non si può
non tener conto.
Domani con l'anticipazione 9 che riguarderà un articolo di
Gianluca Cicinelli sulle Web radio concluderemo la pubblicazione
della dei principali articoli contenuti nel numero di
dicembre del nostro giornale che non va confuso con una semplice
pubblicazione informativa, ma come il mezzo di espressione di un
pensiero, di una filosofia differente da studiare e meditare.
La prova migliore che sempre così avrebbe dovuto essere, viene
dai titoli principali di N.A. degli ultimi anni per non parlare
del primo numero di 26 anni fa che esordiva ammonendo: "Si
preparano a farci chiudere" (diretto alle radio del tempo in
buona parte scomparse).
Ne riportiamo qualcuno ad uso delle aziende televisive in
gravissimo pericolo esistenziale. Anno 2003:
"La frode del digitale";
2008 ottobre: "Paolo Romani: un
nepotista", dicembre: "Il
digitale brutale"; 2009 settembre:
"Tutti a casa?", dicembre:
"L'imbroglio digitale"; 2010
settembre: "I grandi equivoci: le
Autority", dicembre:
"Concorrenza maledetta".
Bastava che le televisioni, invece di trastullarsi ogni anno ai
"congressi" dell'Aeranticorallo o alle riunioni della Frt
che non dimentichiamo ha per principale presidente Fedele
Confalonieri, ci domandassero nel 2003 - in percentuale
consistente (70/80 per cento) - cosa intendevamo per "frode del
digitale" per agire - ottenute le spiegazioni - di conseguenza e
non trovarsi ai giorni nostri con l'acqua alla gola in una
situazione senza sbocco alle prese con l'esproprio e la vendita
all'asta delle loro frequenze di trasmissione alle reti
nazionali e ai telefonici; con la mancanza di risorse; il taglio
delle provvidenze; le difficoltà tecniche di ricezione e di
sintonizzazione che preludono se nulla interverrà
tempestivamente alla loro catastrofe.
Le radio, ancora parzialmente immuni dai fulmini caduti sulle
aziende televisive ci pensino per tempo perché verrà il loro
turno alle prese con il digitale o con qualcosa che la politica
- statene certi - si inventerà per farle tacere se non sapranno
recuperare con tutta efficacia quel rispetto e quel
prestigio svenduti a tanto al chilo da "associazioni"
parassitarie che oltre all'obiettivo principale della cura dei
loro affari hanno mostrato livelli sconvolgenti di incompetenza
e mancanza di idee.
* *
*
SAPO il
nostalgico SIAE (seconda
pagina)
Tutte le volte che abbiamo occasione di leggere ciò
che scrive l’attuale portavoce della Siae Sapo Matteucci, (vero nome
Guidobaldo Matteucci De Nobili), ex capo ufficio stampa e ora anche
direttore della rivista “Viva Verdi”, abbiamo l’impressione che pur
agendo in buona fede in difesa del diritto d’autore, non si renda conto
che i tempi sono differenti da quelli preistorici che lo hanno visto
giovane di belle speranze approdare in una Siae del tutto diversa e che
a certi principi del passato che sembravano incrollabili non è più
possibile aggrapparsi disperatamente come ad un’ancora di salvezza.
Matteucci in un suo non recente articolo, ha preso le mosse da una
sentenza del tribunale di Milano che ha condannato Google (sempre sia
benedetta) per non aver controllato la pubblicazione su You Tube del
filmato di un ragazzo down, e sentendosi ben coperto da questo
deprecabile episodio ha preso le mosse per una tirata dove il retrivo si
mescola al repressivo.
Google (sempre sia lodata), sarebbe una “multinazionale che guadagna
sei, sette miliardi di dollari l’anno”. E allora? Noi vorremmo
raddoppiasse gli utili per il bene che ha fatto all’intero pianeta (è
per questo motivo che accompagniamo sempre il marchio Google con un
osanna celeste), a dispetto della vecchia guardia Siae che senz’altro
tifa per Microsoft che tutto fa pagare, imponendo periodicamente con la
scusa degli aggiornamenti la sostituzione del sistema operativo (uno per
ciascun computer!) costringendo i consumatori a gettare nella spazzatura
macchine ancora nuove, tra l’altro fortemente inquinanti.
Invece di invocare la presenza di una polizia informatica e non solo
italiana che recepisca tempestivamente segnalazioni, pronta a denunciare
i singoli che commettono reati – diffamazioni, violazioni della
privatezza, scene raccapriccianti, violenza ecc.. – Matteucci rispolvera
per similitudine il concetto della corresponsabilità mettendo sul banco
degli accusati addirittura i tipografi o il proprietario di un muro che
secondo lui (e qualcun altro purtroppo) è responsabile, almeno in parte,
per quello che c’è scritto sopra”. Tesi aberrante che un tempo
consentiva di colpire anche gli edicolanti, abbandonata pietosamente da
tempo, insieme alla colpevolizzazione dei tipografi che essendo dei
tecnici, non sempre potevano essere in grado di valutare il contenuto di
uno scritto diffamatore. Quanto al muro è assai risibile il solo
pensiero di vegliare continuamente tutte le superfici scrivibili.
La sua conclusione è quella che se la rete vuole sopravvivere (non si è
reso conto della presunzione del suo consiglio) deve “uscire dal senso
di onnipotenza adolescenziale” cominciando quella dei diritti
abbandonando la concezione di una rete “magmatica, fluida, sconfinata
e anarchica”.
Non è la prima volta che notiamo in lui antiche vocazioni di mettere
lucchetti e serrature come quella mostrata ai tempi dell’incontro di
calcio Italia –Bulgaria quando la Siae pretese 88 mila lire per
consentire di suonare l’inno nazionale di Mameli. Egli invece di
indignarsi per la mancata correzione legislativa di tale stortura, al
giornalista incredulo che lo intervistava si limitò a recitargli
l’articolo 171 della 633/41 che prevedeva il pagamento. Silenzio di
tomba poi sulla incredibile vicenda della percezione a tutt’oggi dei
“Diritti” di “O sole mio” da parte dell’editore Bideri; non una parola
sullo strapotere dei grandi editori a danno degli associati che ormai
contano ben poco; dall’esistenza del “Calderone in cui finiscono tutti
ipagamenti forfettari di radio e televisioni e neppure sulla scandalosa
manomissione della citata legge iniziata dall’ex ministro Urbani e
proseguita da Sandro Bondi.
Tornando alla rete vorremmo dire la nostra su come dovrebbe presentarsi
in futuro; noi la vorremmo libera anzitutto, poi
gratuita, magmatica, fluida, sconfinata e un tantino anarchica,
ma anche vigile su chi commette gravi illegalità, sicuro di non pagarne
le conseguenze.
COMITATO PER LA DIFESA DEI MINORI (terza
pagina)
Tutta la prima pagina di questo giornale è dedicata
al mondo politico che salvo l’emergere di nuovi soggetti ancora a lungo
sarà costituito dalle medesime persone, per metterle al corrente di ciò
che accade nel mondo dei mezzi di diffusione di massa, tentando di
supplire a ciò che la stampa non ha mai avuto interesse a dire e loro a
sentire.
Molti di loro, come un mantra in sanscrito hanno ripetuto
incessantemente la formula “conflitto di interessi” fino
all’esasperazione (senza peraltro far nulla per risolvere il problema),
trascurando quello che è all’origine di tutti i mali, la concorrenza,
che comportandosi come una rete a strascico raccoglie ascoltatori di
ogni età appartenenti a tutti gli strati sociali e che in subordinata
permette di raggiungere due grandi obiettivi: acquisire enormi risorse
economiche ed esercitare un irresistibile ascendente su grandi masse di
cittadini ascoltatori.
Va da sé che entrati in possesso di questi due elementi fondamentali,
sia pure al prezzo di un decadimento generale di qualità espressiva, di
esaltazione della violenza, gusto per la rissa e sentimenti malsani, si
possono poi imporre determinati stilemi contrari alla convivenza civile
ottenendo successi in tutti i campi, particolarmente in quello politico.
Ma volendo risalire sia pur faticosamente la china, come riuscire nella
pratica quotidiana a limitare i danni della concorrenza che si è accesa
da quando le nazioni sono state private dell’esclusiva di determinare
gli indirizzi culturali delle grandi reti nazionali di comunicazione?
Non certo sperando che se ne occupi l’Autorità per le garanzie nelle
comunicazioni (Agcom), distratta dalle convenienze politiche e
dall’emissione di “delibere” a getto continuo, complicate e
contraddittorie quasi sempre inadeguata alle esigenze dei cittadini
(basta pensare alla questione del decoder unico e della numerazione dei
telecomandi) come ha denunciato recentemente una delle poche
trasmissioni messe in onda dal servizio pubblico radiotelevisivo
scampate al pericoloso clima repressivo interno all’Azienda.
Esistono però organismi relativamente indipendenti che potrebbero essere
i regionali Corecom se anche essi non fossero permeati da strategie
dovute all’estrazione dei loro componenti anch’essi di nomina politica,
ed il Comitato di applicazione del Codice di autoregolamentazione Tv e
minori che ha assunto in tempi relativamente recenti la nuova
denominazione di Commissione per la difesa del minori.
Quest’ultima, nonostante la solerzia del suo attuale presidente, non ha
espresso tutte le potenzialità di cui può essere capace perché,
occupandosi principalmente dei programmi in onda dalle 16 alle 19 di
ogni giorno, di bollini verdi o rossi, non è ancora riuscita a proporsi
in modo tale da scalfire i contenuti di trasmissioni diseducative,
accontentandosi di curare la foglia di fico della “fascia protetta” e
suoi dintorni.
I compiti di questo gruppo di esperti sottoutilizzato dove sono presenti
oltre alle parti istituzionali, le associazioni degli utenti, quelle
delle emittenti e i Corecom medesimi, dovrebbero essere ben altri: per
la speranza che nascondono di essere di mitigare la legge prevaricativa
concorrenziale che domina le reti nazionali.
Ma come giungere ad impostare una azione in grado di modificare il
contenuto dei programmi fino a giungere a incidere sulla produzione
televisiva nazionale e sui prodotti di importazione? Adottando un
sistema di autoregolamentazione simile a quello che ha dato ottimi
risultati negli Stati uniti a partire dagli anni Venti fino agli anni
Sessanta/Settanta del secolo scorso quando gli intenti competitivi hanno
cominciato a prendere il posto della prudenza.
Nella pratica operativa, sarà necessario
identificare le parti responsabili delle reti nazionali affinché esse
possano essere spinte verso una autoregolamentazione basata
sull’adozione di una serie di norme limite, sia pur considerate in modo
empirico, sul rispetto delle quali poi vigili ed eventualmente proponga
sanzioni la Commissione per la difesa del minori.
Per giungere ad un esempio concreto, un noto conduttore di trasmissione
cui veniva recentemente rimproverato di aver ecceduto nel numero di
trasmissioni sul caso di Avetrana, ha risposto: “e tante altre ne farò”.
Una risposta del genere sembrerebbe intrisa di impudente temerarietà,
invece essa non faceva che rispondere alle feroci esigenze di mercato
verso le quali non ha potuto levarsi nessuna voce (perché non c’era) di
responsabile di settore o direttore di rete affermando che il mezzo
televisivo non può essere utilizzato per polarizzare in modo abnorme
l’attenzione dell’opinione pubblica.
La Commissione per la difesa dei minori ha il potere di creare queste
voci dando luogo ad un primo passo in direzione di una armonia di
comportamenti persa da tempo.
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