04
dicembre 2016
NOTA
DI FINE ANNO
La marcia delle reti nazionali continua inarrestabile; proprietari di
medio-grandi radio che iscrivendosi ad associazioni nate con intenti
puramente speculativi credevano di essersi messi in buone mani, oggi
sono costretti a vendere la loro impresa con la coda fra le gambe,
rossi di vergogna, per non aver capito nulla in quaranta anni di
attività: consolandosi da perdenti con la somma percepita, in tutti i
casi inferiore alle loro fatiche di svariati decenni.
A nulla sono valsi i numerosi avvertimenti, le grida di allarme del
Conna e del suo giornale Nuove Antenne che a buona ragione possono
affermare di aver intuito con grande anticipo il previsto scempio di
radio e televisioni locali che ci sarebbe stato senza avere la forza
anche economica per opporsi che poteva essere ottenuta con il
versamento di tante piccole quote individuali in grado di coprire le
inevitabili spese giudiziarie. Se ci fosse stato un barlume di
lungimiranza nella mente ottusa di tanti presuntuosi ora falliti, non
poteva essere “snobbata” la presenza della nostra associazione
autenticamente non profit che a norma del suo statuto avrebbe
potuto trovare una risposta a tutto: orientando diversamente, magari
con dimostrazioni di piazza e di pubblica denuncia, Agcom e Ministero
e tagliando le unghie ai rapaci parassiti delle organizzazioni che
basano la loro attività su interpretazioni di loro invenzione sul
diritto d'autore.
Bastava far corpo unico e presentarsi di fronte all'apparato
giudiziario forti della sentenza della Corte costituzionale che
riconosceva legali le sole emittenti a “corto raggio”, ovvero le
“Locali”; le associazioni nate per vivere alle spalle delle emittenti,
hanno sì dato luogo ad un gran numero di cause - in buona parte perse
- al Tar ed al consiglio di Stato, ma per esse erano motivi di
ulteriore guadagno, aggiuntivo alle già salate quote fatte pagare ai
malcapitati iscritti.
Esse non hanno mai voluto organizzare una vera difesa delle radio e
televisioni locali perché avrebbero turbato le loro relazioni con
Agcom e Ministero che si riducevano ad un quieto vivere giocato sugli
associati - praticamente senza difese - che vivevano il loro dramma
quotidiano a base di impegni di ogni genere, tecnici, amministrativi,
giudiziari senza soluzione di continuità, mentre gli anni scorrevano
senza portare a un risultato concreto.
Cosa fare ai nostri giorni se non ancora una volta consigliare coloro
che svolgono l’attività di operatori radio-televisivi di impegnarsi a
creare una massa d'urto in grado di tener testa ad Agcom, Ministero,
Scf, Siae e all’incredibile fardello burocratico? C'è poi il problema
di difendere sindacalmente le radio dei consorzi per il fallimentare
digitale radiofonico che lo si vuole imporre anche se il mercato non
lo vuole, dove saranno i soggetti maggiormente provveduti
economicamente a condurre il gioco, e che qualora venga portato
avanti, richiederà tempo, molto tempo, durante il quale le radio più
piccole saranno costrette a cedere il passo alle altre di dimensioni
maggiori.
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