29 novembre 2015
LE TRE VOCI
In campo televisivo vi furono tre soggetti che capirono in
tempo cosa sarebbe successo con la scelta del "digitale terreste e non
quello da satellite che avrebbe permesso un ricambio tecnologico
lineare senza ledere ulteriormente gli interessi di qualcuno, visto
che le televisioni locali erano già state colpite da leggi,
regolamenti, determine o altro che avevano via via complicato loro
l'esistenza; questi furono: Beppe Grillo, la redazione di Newslinet e
Conna.
Essi, pur svolgendo attività diverse fra di loro anche se collaterali,
si accorsero del grave pericolo che sovrastava l'intera categoria che
avrebbe finito per danneggiare gli interessi dei cittadini tutti, e
con i mezzi che avevano a disposizione fecero conoscere cosa pensavano
di questa operazione.
Beppe Grillo nei suoi spettacoli spesso faceva riferimento al rischio
dell'imposizione del digitale a televisioni nate come una liberazione
da una Rai schiava dei partiti, infarcita da giornalisti infedeli e di
elementi tenuti al guinzaglio, scelti in modo tale da renderli docili
e incapaci di reagire.
Lo studio di consulenza e la redazione del periodico telematico
Newslinet edita da Planet, da esperti, si accorsero che oltre
all'inflazione delle testate (una finta libertà di scelta che avrebbe
provocato solo disorientamento nell'utenza) sarebbero nati tutta una
serie di inconvenienti a cominciare dagli investimenti economici,
dalle difficoltà di ricerca (LCN) a quelle di ascolto per le
caratteristiche tecniche insite nel digitale.
Il Conna, come associazione non profit di piccole emittenti, valendosi
del suo periodico a stampa Nuove Antenne e di titoli estremamente
chiari, mise sull'avviso in tutti i modi le "locali" ma con sconcerto
si accorse che erano proprio queste in nome di un "progresso"
intempestivo, fuori luogo, a far muro di resistenza.
Questa lunga premessa per porre una domanda alle radio locali
minacciate di sottostare a scelte del digìtale fatte da altri: ha
insegnato qualcosa l'esperienza fallimentare delle Tv?
C'è la volontà di difendersi per tempo dall'affermarsi di "consorzi"
che non sono altro che mezzi utili a qualcuno ma assolutamente mortali
per altri?
Dal passato, si è tratta una esperienza tale da spingere
all'autodifesa le radio oppure "non c'è peggior sordo di chi non
vuole sentire?".
Ecco quanto ha scritto nei giorni scorsi il già citato periodico
telematico Newslinet
Giocare col fuoco
Hegel diceva che l’esperienza e la storia insegnano che uomini e
governi non hanno mai imparato nulla dalla storia, né mai agito in
base a principi da essa edotti.
L’esperienza del digitale terrestre tv, col passaggio dal regime
concessorio (rigido e tutelante) a quello autorizzatorio (instabile ed
evanescente), con assegnazioni che arrivano ventennali, vengono
revocate dopo meno di un anno e tornano (dopo interventi
giurisdizionali) quando è troppo tardi, con moltiplicazioni
esponenziali di contenuti digitali (3500) in un mercato che a fatica
sopportava il volume analogico (600), ne è la conferma. Operatori e
governo, sulla base di una farraginosa normativa, s’apprestano infatti
a ricommettere i falli che hanno annichilito il comparto tv, con la
costituzione di consorzi di radio locali per veicolare su vacillanti
frequenze condivise contenuti privi di valore aggiunto per
l’ascoltatore. Del resto, “deterior surdus eo nullus, qui renuit
audire”, dicevano gli antichi romani…
11 novembre 2015
LE SIRENE
Lo scorso mese invitavamo a diffidare delle sirene che truccando i
dati mirano ancora una volta a confondere le idee ai titolari di radio
prospettando l'inevitabilità dell'adozione della trasmissione in
digitale.
La trappola studiata da chi ha interesse a portare alla chiusura tante
radio sparse sul territorio è la medesima di quella approntata sul
modello che funzionò per le televisioni che abboccarono senza neppure
accennare ad un gesto di difesa insieme alle associazioni speculatrici
cui si erano affidate completamente, inadatte a tutelare i loro
interessi sindacali, economici, sociali e culturali.
Inutilmente mettemmo in guardia l'intero settore delle televisioni e
delle radio spesso popolate di megalomani che pensarono - avendo la
possibilità di multiplexare la loro frequenza ottenendo 6/8
canali - che la novità si sarebbe tradotta in un maggiore giro
d'affari.
A distanza di qualche anno, oggi se ne vedono gli effetti,
corrispondenti esattamente a quelli che indicava il CONNA; ebbene, per
dare un'idea di quanto sia cieco e ottuso un comparto che invece
dovrebbe avere l'orecchio fino, pronto a captare le novità, nessuno,
dicasi nessuno - se escludiamo i nostri associati che fin dal primo
momento hanno scoperto l'inganno - ha avuto il buon gusto, l'umiltà di
farsi vivo in voce o per iscritto riconoscendo la nostra lungimiranza:
essi preferiscono fallire uno dopo l'altro, licenziare, ridursi al
lumicino o svendersi, rimanendo in compagnia della loro sola idiozia.
Detto questo nella massima chiarezza affinché non sussistano dubbi,
riteniamo sia doveroso ancora una volta mettere in guardia le
emittenti commerciali e comunitarie di cosa potrà accadere se non
verrà fermata la scelta della trasmissione radiofonica in digitale,
voluta a tamburo battente e al grido “Lo vuole l'Europa!”.
Per meglio capirlo, dobbiamo identificare le parti che sostengono
questo progetto intempestivo, fuori luogo ai nostri giorni, come il
Ponte di Messina;
esse rispecchiano la volontà del governo attraverso le sue scadenti
espressioni Agcom e Mise impegnate a liberare spazi di frequenza
avidamente richiesti dalle compagnie telefoniche e da altre quattro o
cinque reti nazionali radiofoniche che escludendo le “locali”
intendono restare sole e incontrastate.
Questi soggetti hanno dalla loro tutta una serie di strumenti atti a
impedire l'esistenza futura dell'emittenza locale – investimenti
economici, aggiornamenti tecnici ecc..- perfino l'accesso alle
postazioni di trasmissione sarà negato alle radio per il tipo di
assetto dei consorzi, gli alti costi, le infinite possibili azioni di
sottogoverno che tendono ad escludere i soggetti poco graditi.
Se poi aggiungiamo che da un punto di vista tecnico come abbiamo già
visto in precedenti articoli sono praticamente inesistenti, se
facciamo eccezione per il numero dei canali ricavabili da un solo
punto di frequenza (destinati poi, come è avvenuto per le televisioni,
a trasformarsi in una sciagura), non rimane che organizzarci per tempo
per far sentire la nostra voce ai responsabili di scelte contro
l'interesse della democrazia e della Nazione, assumendo già da ora, in
tutte le sedi, un atteggiamento di rigetto, magari facendo nostra la
sia pur frusta frase:“Digitale? No, grazie!”.
03 novembre 2015
ONDE MEDIE
L'Agcom solitamente ha tempi lunghi e svariate volte ha dovuto
agire dietro inviti perentori delle autorità europee.
A questa inerzia congenita si contrappone una attività frenetica nel
produrre prolissi documenti definiti "Delibere" in quantità
industriale che hanno complicato talmente la congerie di norme che
(sr)egolano il settore radio/tv da risultare maggiormente liberatorio
per gli operatori del settore aver a che fare con Equitalia o un altro
ente vessatore: solo il pensiero dell'esistenza dell'Agcom produce
istintivamente una ripulsa violenta.
Una caratteristica schizofrenica poi opposta alla prima, è la velocità
con cui vengono stabiliti limiti temporali per gli obblighi imposti:
probabilmente per prendere di contropiede i postulanti che loro
malgrado hanno la necessità di rivolgersi a questo organismo
meritevole di essere eliminato o profondamente riformato,
improvvisamente i tempi si fanno stretti stretti.
Lo scopo di questo articolo appunto, è quello di mettere in guardia
quanti si propongono di avanzare richiesta di autorizzazione per
trasmettere in onde medie, e per evitare equivoci riproduciamo parte
dell'allegato A della "Delibera" n.576/15 cons, dove viene stabilito
il termine di 30 giorni per rivolgere domanda dalla
pubblicazione dell'elenco delle frequenze disponibili. Da tener
presente che verranno privilegiate le domande giunte per prime in
ordine cronologico.
(Estratto dalla
Delibera 576/15 del 16 ottobre 2015)
....il Ministero, sottratte le risorse frequenziali atte ad
assolvere le esigenze relative agli obblighi del servizio pubblico,
entro 30 giorni
dalla pubblicazione del presente provvedimento pubblica sul
proprio sito web l’elenco delle frequenze assegnate all’Italia,
destinate alle trasmissioni radiofoniche terrestri nella gamma di
frequenze delle onde medie a modulazione di ampiezza (AM) ovvero
mediante altre tecnologie innovative indicando per ciascuna di esse le
caratteristiche tecniche di irradiazione, i vincoli tecnici (riportati
dal Piano di radiodiffusione - Ginevra 1975 ) nonché il relativo
bacino di servizio. I soggetti interessati a conseguire i diritti
d’uso delle frequenze entro 30
giorni dalla pubblicazione dell’elenco delle
frequenze disponibili di cui al comma 2 presentano domanda al
Ministero.
02 novembre 2015
LANCIO ALLE AGENZIE
Il Conna ha inviato a tutte le agenzie il
comunicato che segue.
La decisione di aggiungere alle fatture di fornitura di energia
elettrica l'anacronistica e ingiustificabile tassa sul possesso dei
ricevitori televisivi che ricorda la ridicola tassa sul possesso dei
pianoforti abolita in tempi ormai lontani, produrrà un aumento del
gettito rispetto alle disposizioni che per decenni hanno costituito
motivo di scontri e discussioni.
Il Coordinamento nazionale Nuove Antenne (Conna), la più antica
associazione nata nel 1976 in difesa di radio e televisioni locali,
nel tempo, ha più volte affrontato l'argomento “canone” proponendo un
suo uso esteso all'emittenza locale.
Oggi, con maggior forza, riteniamo che le cospicue eccedenze
dell'iniqua tassa rispetto a quanto viene a tutt'ora introitato invece
di finire nel pozzo senza fondo statale, vengano devolute a radio e
televisioni locali in gravissime difficoltà economiche, privilegiando
quelle imprese che svolgono informazione capillare sul territorio.
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