27 ottobre 200
I MURATORI
Abbiamo raccomandato di condurre con
grande calma e tranquillità (compatibilmente con tutti gli impegni e le
noie che alle emittenti locali non mancano mai) la vita di sempre, senza
allarmismi né improvvisi scoraggiamenti che portano - invogliati magari
da qualche offerta allettante - alla classica decisione di "vendere
tutto".
Oltre ad un futuro che non vediamo affatto nero perché le radio sono
dalla parte della ragione , esistono anche delle ragioni di punto e di
prestigio personale da far valere e noi del direttivo del Conna vogliamo
essere di esempio rilanciando in tutta sicurezza. Mentre
scriviamo infatti i muratori stanno ampliando il nostro ufficio
personale che abbiamo messo a disposizione del Conna per ricevere quanti a volte hanno qualcosa di delicato da
esporre difficile da trattare per telefono o per posta.
Anche i nostri interventi in campo generale non hanno risentito affatto
del clima di emergenza determinato dalla legge 66/2001 al punto che
nell'ultimo numero di Nuove Antenne che andrà in tipografia alla fine
della prossima settimana, ci siamo occupati della Rai, del tanto
bistrattato mezzo pubblico che già in tempi lontani abbiamo definito,
sia pur con tutti i limiti di condizionamenti politici e tecnici - come
la miglior garanzia informativa e professionale esistente nel nostro
paese scrivendo l'articolo che segue che abbiamo trasmesso in
anteprima al ministro delle comunicazioni lunedì scorso.
Proprio ieri abbiamo avuto notizia che il ministro Gasparri ne ha fatto
una buona (fra le tante non fatte o condotte male) bloccando l'operazione
Raiway.
RAIWAY
La strategia perdente del centro-sinistra che pur di raccogliere
qualcosa ha tentato di privatizzare la Rai, offrendola praticamente su
di un piatto d'argento ad "amici fidati" (a chi? a Tronchetti,
Colaninno, Romiti?), non si è concretizzata per una questione di
tempi.
Era compresa (e lo è tutt'ora) fra queste grandi manovre la
cessione alla società statunitense Crown -Castle del
49 per cento dell'impiantistica, un patrimonio senza il quale l'ente
pubblico non sarebbe più tale. Molte postazioni di trasmissione infatti
risalgono agli Anni Venti e Trenta (Eiar) del secolo scorso, ricostruite
pezzo dopo pezzo nel dopoguerra, e le attrezzature, molto appetibili,
specie per una società straniera, sono le migliori fra quelle esistenti
nel nostro paese. Aver pensato di alienarle, sia pur mantenendo una
maggioranza azionaria destinata comunque a cadere nel tempo, ottenendone
in cambio una somma destinata ad essere dissipata in spese di ordinaria
amministrazione, ha significato mostrate rare doti di cecità.
Per fortuna, Alleanza Nazionale, ha capito che solo la Rai è in grado
di assicurare una relativa indipendenza informativa dall'emittenza
privata che alla lunga può risultare asfissiante, e che la
privatizzazione dell'Azienda, in prospettiva, non giova a nessuna forza
politica.
Il presidente della Rai Zaccaria - al quale per altri versi bisogna
riconoscere grandi meriti di aver resistito agli assalti della
concorrenza - grida allo scandalo paventando disastri economici per
l'Azienda. Sarà anche così, ma la sciagura più grande sarebbe quella
di vendere un bene che è di tutti.
23 ottobre 2001
NOTIZIE
Ieri mattina abbiamo avuto una serie di incontri che ci hanno dato la
quasi certezza - anche se passerà qualche mese - che vinceremo la
nostra battaglia contro i prepotenti e i fuorilegge, presenti a tutti i
livelli, politico, ministeriale e interni all'emittenza (questi ultimi
di gran lunga i più pericolosi). Di più non possiamo dire perché ci
siamo accorti che le voci e i pettegolezzi superano per velocità quella
del vento durante i fortunali.
Ogni tanto ci vengono riconosciuti meriti che neppure sospettavamo; essi
costituiscono un po' il giusto compenso per una attività - spesso
oscura - che non ne prevede altri. L'ultimo viene dal titolare di una
emittente il quale ci ha fatto notare che a sua memoria non gli risulta
esista una associazione, non solo di emittenti (sarebbe veramente
pretendere troppo!), ma neppure di consumatori o di mutua assistenza che
mai abbia pubblicato i nomi dei sottoscrittori con accanto la cifra
versata e la somma totale risultante, come abbiamo fatto in posta
riservata fin dal primo momento che abbiamo costituito il fondo di
difesa legale . A questo proposito ci scusiamo se ancora rinviamo la
pubblicazione dell'aggiornamento delle sottoscrizioni per assoluta
mancanza di tempo, tutto dedicato alla stesura del giornale Nuove
Antenne.
Salutiamo l'emittente ultima arrivata Europa Radio di S. Teresa di Riva
(Messina).
20 ottobre 2001
SIAMO AL LAVORO
Per qualche giorno saremo meno presenti perché stiamo preparando un
nuovo numero di Nuove Antenne.
A parte la prima pagina dedicata al mondo politico e giudiziario, il
nostro giornale periodico al suo 17° anno di vita, ha lo scopo di
rafforzare la nostra organizzazione andando - recapitato per posta - a
visitare presso i loro studi, quanti sono sprovvisti di Internet (pare
siano in tanti).
In vista di una lotta che non potrà che vederci vincenti - ripetiamo,
chi si lascia prendere dalla tentazione di realizzare vendendo la
propria radio o televisione locale ci pensi molto bene - è
indispensabile dar luogo a forme di organizzazione in cui ognuno
deve fare la propria parte. A questo proposito sono state prese
iniziative di cui presto daremo notizia.
17 ottobre 2001
LE RADICI
Ieri a Roma, ci siamo incontrati
con due avvocati che operano nelle Marche che hanno assunto la difesa di
una televisione nostra iscritta non "autorizzata", né resa "concessionaria"
durante l'ultima, pazzesca operazione cominciata al 30 giugno del 2000 e
terminata dopo un anno.
Abbiamo già avvertito della estrema riservatezza sulla meccanica con la quale stiamo
lavorando in merito alla serie
di ricorsi che abbiamo in programma per non mettere sull'avviso i nostri
nemici, pronti a tentare di neutralizzare le nostre mosse che ledono i
loro affari; l'indirizzo generale preso dal Conna tuttavia possiamo
renderlo pubblico, anche perché ne
abbiamo abbondantemente parlato su Nuove Antenne già in tempi lontani e
in tutte le sedi possibili, ministeriali e politiche comprese: le
concessioni rilasciate nel 1994, erano totalmente prive di valore, rilasciate
anche in dispregio di quanto prevedeva la stessa legge Mammì.
Facile quindi comprendere quali
possano essere stati i consigli dati ai due legali che hanno deciso di
ricorrere a favore del loro cliente (e non necessariamente al Tar)
basandosi, appunto, sulla serie di assurde operazioni sulle quali si è
costruito senza provvedere preventivamente a gettare le fondamenta,
ovvero ad assegnare le frequenze di trasmissione mediante la stesura dei
Piani di assegnazione come prevedeva la legge 223/90.
In sostanza, la sommatoria dei ricorsi dovrà dimostrare alla
magistratura italiana - prima di ricorrere eventualmente a Bruxelles -
che le radici sulle quali è è cresciuto l'albero delle
"concessioni", dei "rinnovi" in campo televisivo,
fino all'ultima operazione legata alla legge 66/2001, erano marce.
15
ottobre 2001
CANONI
ARRETRATI
Se le tante imprese radiofoniche e televisive che hanno interrotto
l'attività e quelle ancora vive che non hanno pagato - o lo hanno fatto
solo in parte - canoni e tasse a partire dal 1994 intenderanno fare un
nazionalistico regalo allo Stato, specie ora che con il supporto alla
guerra americana, fabbricanti di armi e faccendieri vari di soldi ne
vorranno molti, facciano pure, non sarà certo il Conna a impedirglielo.
E' però dovere di una associazione di categoria mettere le cose in
chiaro tranquillizzando tutti coloro che a tutt'oggi sono alle prese con
la preoccupazione di vedersi piombare addosso richieste pressanti
di pagamento di ingenti somme.
Essi devono sentirsi dalla parte della ragione partendo dal principio
che il Ministero delle Poste nel 1994 non ha rilasciato loro
"concessioni" ma pezzi di carta senza valore alcuno, non
avendo applicato neppure quella pessima legge che è la 223/90.
Noi del Conna, sempre pronti a trovare vie d'uscita pacifiche e
accomodanti, in certi casi diventiamo puntigliosi ed i chiodi che
continuiamo a battere sulle concessioni fasulle e su altre cose,
finiranno per piantarsi, e con essi una serie di rivendicazioni che
comprendono anche coloro che nel caso specifico temono di essere
insolventi.
Già siamo ricorsi al Tar una volta destando nel collegio giudicante
seri dubbi e perplessità al punto che ci venne detto che era meglio
aspettare eventuali ingiunzioni per entrare nel merito della causa
tutt'ora pendente.
Se avremo soddisfazione in questo senso, sarà solo un punto di partenza
perché in prospettiva vogliamo giungere a permettere a tutte le imprese
radiotelevisive di chiedere il maltolto e i danni per il rilascio di
concessioni mancanti dell'oggetto principale: le frequenze di
trasmissione.
13
ottobre 2001
GLI
ODORI
Lo scritto pubblicato il 7 ottobre scorso (quattro pagine sotto), di
Giampaolo Bassi di Radio Universal, non è rimasto isolato, anzi, i
trilli dei telefoni del Conna gli hanno fatto buona compagnia.
Dall'altra parte del filo o del cellulare, reduci dalla fiera Ibts di
Milano, operatori radiofonici sconosciuti o nostri iscritti-ricorrenti,
fuggiti da associazioni che li hanno traditi a costo di rischiare azioni
legali per il recupero delle quote insolute.
Le ragioni di tanta ira sono sempre le stesse: "Mentre noi
gli pagavamo salate parcelle o come vogliamo chiamarle, come hanno
potuto giocarci tiri così sleali?
I loro procacciatori di affari che ci visitavano direttamente presso le
nostre radio erano riusciti ad invogliarci promettendoci la continuità
del nostro lavoro, indipendentemente dalle dimensioni dell'impresa, purché ci fossimo iscritti!".
Discorsi legittimi che registriamo con soddisfazione perché provano
quanto abbiamo scritto in tempi lontani e recenti. Ciò che a noi però non piace sono le cadute di stile come quella che ci ha riportato il
titolare di una radio della Sicilia che è giunto a giurare di aver
visto alcuni "broadcasters" che passavano di lì per caso
turarsi il naso nel momento in cui si sono trovati di fronte ad alcuni
stands impiantati al recente Ibts con noti personaggi al loro interno...
Non esageriamo - gli abbiamo riposto - non sono degli appestati e
neppure hanno il carbonchio; si tratta di soggetti che invece di
speculare in borsa hanno trovato più remunerativo giocare sulla
credulità degli operatori radiofonici e televisivi.
Merita forse di essere
condannato (e annusato) chi ha scoperto il petrolio e con esso la
ricchezza?
12 ottobre 2001
INTERROGATIVI
L'operatore radiofonico Dario Bonaiti pone alcune domande comuni a
tante imprese i cui titolari, preoccupati per la sorte delle loro
emittenti hanno tentato di restare all'interno di regole anche se le
riconoscevano ingiuste e ingiustificate.
"In attesa di conoscere l'esito dei
ricorsi,mi sorgono alcuni dubbi sui quali il Conna dovrebbe cercare di
dare delle risposte:
1) le ditte individuali "concessionarie"
pagano un balzello alle assicurazioni o alle banche per la
fidejussione di 100 milioni richiesta dall' ex Ministero PP.TT.,
dobbiamo continuare a pagare?
2) Il canone di concessione pagato lo
scorso anno sul fatturato scompare?
3)La ns.emittente usufruisce dei
contributi previsti dalle legge sull'editoria. Siamo ancora nelle condizioni
per presentare la domanda?
Sarebbe interessante consigliare le
emittenti su questi argomenti, anche attraverso il sito del Conna".
1) Anche volendo interpretare alla
lettera l'infame legge Mammì, cauzioni, canoni e tasse
governative dovevano essere versate in cambio della concessione di
frequenze di trasmissione che non sono mai state assegnate. La
richiesta indecente della fidejussione doveva essere contestata
all'origine. Comunque, meglio tardi che mai: i rapporti con le
compagnie di assicurazione e con le banche devono essere interrotti al
più presto.
2) meglio versare la percentuale
sul fatturato prevista per dare continuità all'impresa, anche se
nulla sarebbe dovuto per le ragioni di cui al punto uno;
3) pre-domanda (entro gennaio) e domanda (entro marzo), con relative
fatture e documentazione secondo le regole previste dalla legge
sull'editoria è bene presentarle, a suo tempo poi affronteremo nella
sede adatta eventuali rigetti.
10 ottobre
2001
E' GIUSTO?
Una domanda più che pertinente ci è
stata rivolta da Canale 93 di Foggia:
Il Conna non figura mai nei vari convegni e/o dibattiti: si fa sempre
riferimento alle altre associazioni.
Non si rischia di pesare pochissimo di fronte all'opinione pubblica e...a quelli che contano? Scusatemi per
questa non maligna riflessione.
Leandro Cimaduomo - Foggia.
Con il segretario del Conna Bruno
De Vita ero a Milano a non più di cinquanta metri dalla sala Leonardo
dove in una grande padella (del tipo di quelle che Gasparri conosce
molto bene) Mauro Roffi e amici per la pelle si apprestavano a friggere
un po' d'aria sotto l'insegna del digitale:
roba adatta a perditempo che hanno perso il senso dell'attualità e dei
problemi vitali della categoria. Oltre tutto, nelle stesse ore, erano
previsti nostri incontri con i dirigenti dI Elettronica Industriale,
della Tem e altri, con i quali si è appunto parlato di
attrezzature per la trasmissione e la ricezione in tecnica digitale e di
ben altre cose.
La polemica con Millecanali è antica e sgradevole; Ogni volta che ci
hanno chiamato chiedendoci notizie, siamo poi sempre apparsi
"annegati" all'interno del giornale, pieno zeppo per altro
delle pontificazioni e delle facce di coloro che hanno costretto - con
la complicità di Millecanali - alla chiusura centinaia di piccole
imprese che operavano in piccoli centri senza dar fastidio a
nessuno.
Un esempio sotto gli occhi di tutti che indignerebbe un qualsiasi
giornalista degno di questo nome è la clamorosa di omissione
dell'azione che il Conna ha svolto da marzo ad oggi. Vi sembra giusto?
Non è una infamia aver fatto finta che la legge 66/2001 non
esistesse?
E noi dovevamo andare a riverire i nostri nemici subendo le loro
chiacchiere?
Non appena avremo un momento di tempo chiederemo all'editore Jacopo
Castelfranchi se rientra nei suoi piani editoriali aver affidato la
direzione della sua rivista a chi ha contribuito con i suoi
atteggiamenti bassamente partigiani a far chiudere tante emittenti,
determinando anche il collasso dell'industria (cui lo stesso
Castefranchi è legato) che è costretta a produrre (e a vendere) meno
di prima.
Stiano tranquilli quindi coloro che raramente sentono parlare del Conna,
è un buon sintomo.
E' segno che siamo diversi, per fortuna. (M. Albanesi)
9 ottobre 2001
LE PADELLE
Non avevamo dubbi che l'attuale ministro delle comunicazioni fosse uno
sprovveduto nonostante - si legge nelle sue note - abbia conseguito la
maturità classica e sia iscritto all'Albo dei giornalisti.
Di classico Maurizio Gasparri ha molto poco e quanto al giornalismo, se
scrive come parla, il cielo salvi i lettori.
Ieri, lunedì, l'onorevole ministro ha partecipato ad un convegno
organizzato dalla Fnsi presso la sede di Roma (pochissime persone in
sala, al punto tale che avrebbero potuto riunirsi anche attorno ad un
tavolo), mostrandosi interessato solo alle grandi imprese
radiotelevisive. Ad un certo punto, nella foga descrittiva di un
ipotetico programma di sviluppo che conosce solo lui, volendo
parlare di antenne, ha usato il termine "padelle" al posto di
parabole, diffondendo intorno alla sua persona imbarazzo e odore di
fritto.
Questa la descrizione volante di un avvenimento che mostra la sciatteria
con la quale fino ad oggi Gasparri ha impostato quello che doveva essere
il suo lavoro, distratto dalla partecipazione alle manifestazioni più
strane, compresi i concorsi di bellezza.
Se sapevamo che le centinaia e centinaia di comunicazioni che ha
ricevuto da emittenti e ascoltatori (la sola Radio Monte Kanate gli ha
inviato non meno di 15 metri di fax fitti fitti di firme) lo avrebbero
lasciato indifferente, al punto da non concedere neppure alle radio una
doverosa proroga dei termini di consegna dei documenti che per legge
dovevano essere di tre mesi dall'emanazione del decreto-regolamento,
avremmo fatto risparmiare tempo e denaro ai nostri
iscritti-ricorrenti.
Che la sola magistratura fosse il nostro referente più attendibile non
avevamo (e non abbiamo) dubbi; quanto al ministro - se i suoi
collaboratori svolgeranno una adeguata opera informativa può darsi
riesca a imparare qualcosa. Tuttavia, se in un convegno simile a quello
di ieri dovessimo sentirlo parlare di casseruole invece di parabole,
significherà che il Nostro è in rapido peggioramento. Egli potrà
continuare a vivere attorniato da belle donne (ben per lui), e a
partecipare magari alla Sagra del Fungo, ma come ministro risulterà
irrecuperabile.
7 ottobre 2001
I DUE STAND
Segretario e presidente del Conna ci hanno descritto per telefono
l'ambiente dell'IBTS 2001 "Professional show" dove si trovano.
Nulla di particolare rispetto a quanto è stato esposto lo scorso anno
eccetto qualche nuovo prodotto; nello stesso tempo, abbiamo ricevuto una
e-mail del nostro Giampaolo Bassi di Radio Universal di Verona cui diamo
la priorità di pubblicazione per la sua schiettezza. (La segreteria).
Ciao, sono Giampaolo di Radio Universal di
Verona.
In occasione della fiera IBTS di Milano, ieri, sabato 6 ottobre, sono
andato a visitarla. Ho visto lo stand di Anti Corallo e Frt. MI sono
avvicinato e non ho esitato nemmeno un secondo per congratularmi
con loro per aver imposto nella
legge 66/2001 e in precedenti leggi, la trasformazione delle ditte
individuali in società di capitali e l'assunzione obbligatoria di due
dipendenti. Senza tanti complimenti gli ho
augurato che perdino tutti gli associati (meglio chiamarli clienti) e un
grazie di cuore.
Ho anche aggiunto che non
finirò mai di battermi contro di loro che per programma principale
hanno la sparizione di quelle emittenti locali che non gli interessano
da un punto di vista economico.
Dopo avergli detto quello che si
meritavano che spero abbiano fatto altrettanto altre emittenti, sono andato via a testa alta e soddisfatto.
6
ottobre 2001
LICENZA DI SPIARE
Nell'articolo del 28 settembre "A tra poco" , avevamo
promesso di essere più chiari, in rapporto a quella che deve essere la
riservatezza in generale se non la diffidenza nei confronti di coloro
cui abbiamo turbato gli affari.
Uno degli esempi che dimostrano che quando si è in guerra fanno molto
più danno le spie che cannoni e missili e che non bastano cento occhi e
altrettante orecchie per vigilare e cercare di non fornire elementi agli
avversari è il seguente.
Durante i giorni che non esitiamo a definire "terribili" che
sono andati da lunedì 24 a sabato 29 (114 conversazioni telefoniche
nella sola giornata di giovedì 27) abbiamo inviato una volata di
domande con unita la modulistica al noto gruppo di
"coraggiosi" con allegato un particolare documento
giustificativo, lasciando gli indirizzi e-mail in evidenza, cioè non
"nascondendoli" come si può facilmente fare. Questo per una
forma di fiducia, e magari per permettere alle varie emittenti di
scambiarsi messaggi fra di loro.
Non ci crederete, ma a distanza di poche ore dalla spedizione del
materiale, già una “società di servizi” ne approfittava per
veicolare un suo messaggio propagandistico composto da ben venti pagine,
inviandolo contemporaneamente a tutti coloro che apparivano in
indirizzo.
Come abbiamo potuto accertare l’abuso? Per merito di un nostro
associato-ricorrente, Radio Agropoli, che avendo fornito al solo Conna
un particolare indirizzo che gli permette di ricevere sul cellulare le
e-mail stampabili poi a parte, ha potuto facilmente dedurre senza ombra
di dubbio che la “fuga di indirizzi” era dipesa da uno dei
“coraggiosi" medesimi.
I percorsi per dar prosecuzione alla azione giudiziaria per fortuna sono
svariati e vigileremo attentamente per evitare che fughe di notizie
possano far ripetere l’azione di allarmismo come quella svolta al Tar
da un noto pescecane che purtroppo ha trovato orecchie sensibili.
5 ottobre 2001
TOCCHIAMO FERRO
L'amico Arsenio D'Agostino mi ha inviato una una lettera che nella prima
parte mostra un clima affatto rassegnato del post-domanda:
In questi giorni ho avuto modo
di confrontarmi con altri colleghi e si è parlato della legge 66/2001;
alcuni di loro si sono congratulati con noi, del coraggio che abbiamo
avuto nell'affrontare il Ministero e le sue leggi.
Ho risposto che il mio
comportamento è dovuto ad una normale rivendicazione per un diritto
acquisito e che altrettanto avrebbero dovuto fare loro.
La loro risposta é stata:
"avevamo paura di perdere l'emittente" (come se noi non avessimo
la stessa preoccupazione) e che non hanno saputo resistere al
pressante invito delle loro associazioni che li invitavano a
trasformarsi in società e ad assumere due dipendenti.
Già oggi però si sono
pentiti di tale scelta e se la nostra azione nelle prossime tappe si
rivelerà vincente, sono pronti a ritornare ad essere ditte
individuali e a non assumere dipendenti, consapevoli di non poterselo
permettere.
Abbiamo
anche parlato delle altre spade che pendono sulle nostre teste;
altrettanti quesiti cui le loro associazioni non hanno saputo dare una
risposta, neppure alla precisa domanda sui motivi che hanno loro
impedito di proporre modifiche alla legge 66, al punto tale che non
appena il Conna riportasse un minimo di successo giudiziario sarebbero
pronti a mandare immediatamente a quel paese (nell'originale
l'espressione è molto più colorita, ndr)
certi
farabutti.
A questo punto la lettera si fa quasi
personale manifestando richieste che mi riguardano direttamente come
quando emergono esigenze come quella che il Conna dovrebbe dotarsi di
una sede dove potersi rivolgere in "qualsiasi momento" e che
dopo la mia presidenza "ci sia un prosieguo".
Per quanto riguarda la sede, da tempo
siamo in contatto con lo studio del nostro commercialista (sono
apparsi in passato suoi articoli su Nuove Antenne) che potrebbe
assicurare un servizio che il Conna può svolgere oggi solo in parte.
L'altra domanda ha un evidente risvolto comico/scaramantico che merita
una risposta.
Alcune persone, non abbiamo dubbi,
hanno sperato in questi ultimi venti anni di non vedermi più per una
qualsiasi ragione nelle varie commissioni (ministeriale, editoria,
autorità ecc..), ma la loro attesa fino ad oggi è andata delusa. Penso
che per altri due decenni almeno, da vecchio ligure di scuola
pertiniana (quelli per intenderci che i viaggi se li pagano da
soli) continuerò a turbare i loro sonni, anche se in futuro si
potrebbe verificare un liberatorio (per la mia persona) avvicendarsi
di responsabilità direzionali del Conna. (M.Albanesi).
3
ottobre 2001
LA PRESA DI TERRA
Ci convinciamo sempre di più che
aver presentato la domanda per la prosecuzione... eccetera, non
sottostando all'obbligo di assumere dipendenti sia stata una decisione
più che giusta legittima (il "legittima" non è riferito alla
famigerata 66/2001, ma alla Carta costituzionale).
Il Conna che non ha voluto influenzare questa scelta lasciandola al
giudizio degli interessati, si è solo limitato a indicare la strada
migliore per far fronte ad uno stato di necessità e di difesa.
Le soluzioni adottate infatti sono state diverse; si è andati dal
"part time", all'apprendistato, e alla "finta". Che
cosa si intende con questa parola? Alla apertura delle posizioni
assicurative con rilascio del certificato da allegare alla domanda,
seguite dall'immediato licenziamento.
Vogliamo giustificare questa scelta con una considerazione: in un paese
fattosi poco per volta violento come il nostro, con una classe politica
col sorriso a fior di labbra ma nella sostanza violenta, con uno
schieramento associativo affaristico violento; quando tutto congiura
contro chi domanda solo di esercitare il proprio lavoro, di fronte a
gente armata di pistole e bazooka, difendersi a bastonate diventa fatto
di legittima difesa che ci sentiamo di appoggiare.
Fuori dalla metafora (ma non tanto) è successo questo: molti
responsabili di radio che hanno scritto lettere di ingaggio e aperto
posizioni assicurative, hanno dovuto cautelarsi mostrando di essersi
sbagliati, spaventati dalle conseguenze di aver assunto personale.
Ognuno di noi conosce gli inconvenienti che non sono tali se
proporzionati alla grande imprenditoria. Sono le ispezioni
dell'Infortunistica per la verifica dell'agibilità dei locali
(spaziosità, grado di umidità altezza dei soffitti ecc..) alle norme
di sicurezza, all'impianto elettrico in particolare, che per essere in
regola deve perfino prevedere per porte e finestre metalliche quelle
ridicole prese di terra gialle e verdi, volute per legge dalle lobby dei
fabbricanti di articoli elettrici, assolutamente sconosciute in
Svizzera che è paese notoriamente più ordinato del nostro.
Questo è il motivo per cui chi si è presentato senza
"ottemperare" quanto prescriveva una legge sbagliata ha
ragione di attendere serenamente, anzitutto il pronunciamento della
magistratura nei vari gradi senza lasciarsi influenzare da un primo
(mancato) giudizio, poi confidando in una azione legale collettiva di
difesa di quelle che infine saranno oltre 100 emittenti; una metà di
esse decisamente ardita e cosciente, l'altra metà, composta da
"coraggiosi" per forza.
2
ottobre 2001
IL LATITANTE
Si
è svolto al largo Brazzà, sede politica del Ministero delle
comunicazioni, un incontro con il sottosegretario Massimo Baldini,
sul problema della legge di "Par condicio".
Le associazioni presenti si sono dichiarate tutte indistintamente contro
la legge chiedendone l'abrogazione; segretario e presidente del Conna invece si
sono dichiarati d'accordo per una sua profonda modifica e hanno consegnato a tutti i presenti - in primo
luogo al sottosegretario Baldini - il documento che segue che ognuno potrà leggere se ne avrà la pazienza.
Si noterà che anche in questo caso, il Conna ha assunto una posizione
responsabile agli effetti del riconoscimento della funzione
sociale di radio e televisioni locali intese come mezzi di informazione al
servizio della comunità nazionale.
Chi vuole il puro e semplice abbattimento della legge, intende invece dar luogo a forme di liberismo che più che selvaggio lo si potrebbe
definire bestiale: se ognuno potesse fare come vuole, la
funzione di mezzi di pubblica utilità di radio e televisioni sarebbe
annullata.
Nella pratica, una radio o una televisione di una determinata zona in mano ad una precisa forza politica
potrebbe totalmente escludere dal contesto delle trasmissioni tutti gli
avversari e
questo, in un paese democratico, è intollerabile.
Durante l'assemblea, l'unica
associazione che ha affrontato il tema della legge 66/2001 è stata la
nostra; non eravamo perfettamente in tema, ma abbiamo ugualmente
definito Maurizio Gasparri "un ministro latitante": gli
altri presenti, completamente zitti.
Non avevamo dubbi.
NOTA DEL CONNA SULLA “PAR
CONDICIO”
La nostra
associazione è in parte ideatrice della legge di “Par condicio” che
ha scontentato tutti, noi compresi, per la degenerazione che ha subito
durante il percorso parlamentare.
Quando il Conna ha presentato al professor Manzella (consigliere del
Capo dello Stato ndr) la bozza di progetto di legge che aveva il
pregio di provenire dall’interno dell’emittenza, intendevamo
rispondere a quella che era una effettiva esigenza di normare
l’attività dei mezzi di informazione di massa.
Le nostre idee si basavano intanto sul riconoscimento di radio e
televisioni in quanto mezzi di pubblica utilità (come del resto
prevedono le inapplicate leggi vigenti) e come tali al servizio del
Paese.
Esse, nel contesto delle trasmissioni, senza distinguere se realizzate o
meno in periodo elettorale, avrebbero dovuto svolgere opera informativa
imparziale e anche dimenticando la perfezione, il senso di responsabilità
dei titolari fisici o giuridici di questi mezzi – integrati da
opportuni controlli - avrebbe dovuto agire in funzione di una attenta
vigilanza sulla partecipazione equilibrata all’interno della
programmazione dei vari soggetti politici e sociali.
Per accertare che nessuno abusasse di questa discrezionalità, verifiche
periodiche o a campione avrebbero dovuto essere eseguite sulle
registrazioni continue che ogni impresa radiotelevisiva è tenuta per
legge a realizzare. Sanzioni o diffide sarebbero scattate qualora lo
squilibrio accertato fra la partecipazione per esempio di una forza
politica rispetto ad un’altra avesse superato una determinata
percentuale di tolleranza. Tutto lì.
Nella pratica, poco per volta, di modifica in modifica è nato invece
l’ennesimo mostro che tuttavia, in alternativa alla totale
deregolazione del settore si è dimostrato un qualcosa da modificare ma
da non abolire.
Qualcuno ha proposto la eliminazione tout court di ogni limitazione per le locali, sostenendo che le
proprietà sarebbero diversificate al punto tale da compensare le varie
tendenze politiche reciprocamente. A parte che ciò non è vero,
risulterebbe comunque intollerabile che in una determinata zona una
emittente orientata politicamente in modo preciso, anche se non
dichiarato, potrebbe influenzare l’elettorato in modo decisivo.
Modifiche alla legge invece possono essere operate soprattutto snellendo
la procedura farraginosa fatta di annunci preventivi, incertezze,
parzialità anche non volute, mondando il futuro testo di legge di lacci
e laccioli, regole e regolette spesso in contrasto fra di loro.
Uno degli argomenti maggiormente dibattuti durante la discussione
parlamentare che ha preceduto l’approvazione della legge detta di Par
condicio fu quello dei cosiddetti spot. Problema che poteva essere
facilmente risolto, stabilendo appena due obblighi: quello di far
apparire una scritta ben in evidenza sul teleschermo (o una voce fuori
campo per la radio) che annunciasse “pubblicità a pagamento” e
stabilire un numero massimo di passaggi giornalieri per ciascun soggetto
o gruppo.
Una legge impostata su poche regole di chiara interpretazione potrebbe
in parte risolvere il “Conflitto di interessi” se non in campo
finanziario in quello informativo e avvantaggerebbe in prospettiva tutti
i gruppi politici indistintamente: le regole sbagliate, di parte -
considerate le alterne vicende della politica – oggi possono favorire
gli stessi che magari domani ne risulteranno penalizzati.
1
ottobre 2001
L’ACQUA CALDA
Ogni tanto c’è qualcuno che scopre che messa sul fuoco,
l’acqua finisce per bollire.
Si dice a “Bruxelles
a Bruxelles!” come un tempo veniva detto “a Mosca a
Mosca!”, senza sapere di ciò che si parla.
Nel numero di novembre del 1998 di Nuove Antenne (ce
ne possono dare atto coloro
che hanno conservato “il nostro
giornalino” - che poi è uno strumento di
lavoro da non gettare dopo letto ), scrivevamo che uno dei passi
decisivi che restavano da fare era quello di un ricorso alla Corte
di Giustizia europea o al
Tribunale dei Diritti
dell’Uomo di Strasburgo, denunciando tutta la serie di plateali
violazioni della legalità che politici e ministeriali (qualcuno di loro
finito anche
in carcere) avevano
perpetrato ai danni delle emittenti locali.
Preso contatto con gli avvocati che intermediano fra l’Italia e la
Comunità, intanto si riuscì a identificare la Corte di Giustizia
europea come maggiormente competente in materia, poi acquisimmo tutta
una serie di elementi che ci permisero di valutare la situazione.
A parte la traduzione di tutti gli atti del processo in cinque lingue
(operazione relativamente complicata),
gli avvocati ci misero in guardia da un fatto fondamentale che qualcuno
mostra di ignorare completamente.
Ci dissero: “La Corte di Giustizia europea
rigetta tutto ciò che non ritiene essere di sua competenza e una delle
condizioni necessarie dell’accoglimento dei ricorsi è strettamente
legata al pronunciamento in tutti i gradi di giudizio dei tribunali
competenti del paese dal quale proviene l’istanza”: in
pratica si può ricorrere a Bruxelles solo quando dalla magistratura
italiana non si sono ottenuti risultati positivi.
Tentammo allora (stiamo parlando di quasi tre anni fa) di capire se fra
i nostri iscritti - televisioni e radio - esistesse una volontà comune
di mettere le cose in chiaro cominciando da Tribunale civile, Cassazione,
Tribunale amministrativo, Consiglio di Stato, ma la volontà che
cercavamo non c’era per la maledetta abitudine italiana di rinviare e
poi ancora rinviare sperando il tempo sani le situazioni più scabrose e
la “fortuna” finisca per arridere ai fatalisti.
Avete capito come siamo arrivati ai
giorni nostri?
Ci voleva un motivo forte per compattare le emittenti (principalmente
radio per ora) come quello offerto dalla legge 66 del marzo 2001, ma se
il direttivo del Conna, amareggiato, avesse allora deciso di seguire la
corrente, trasformandosi magari in “società di servizi”,
oggi non potremmo fornire una speranza
per il futuro raccomandando nel contempo: “non vendete la vostra
emittente, potreste pentirvene!”.
Siamo certi che Tar o il Consiglio di Stato ci daranno ampia
soddisfazione, ma se ciò non dovesse avvenire (questo però
significherebbe per i giudici porsi fuori dalla Costituzione),
solo allora potrà essere giocata la carta di Bruxelles, e se
malauguratamente arriveremo a quel traguardo, quanti vorranno unirsi a
noi saranno i benvenuti.
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