ALBO RADIO DI EMERGENZA
(A.R.E.)
IN FUNZIONE DI SUPPORTO ALLA
PROTEZIONE CIVILE IN
CASO DI CALAMITA' NATURALI E DOLOSE
Potrà sembrare velleitario e fuori tempo da parte della nostra
associazione di categoria non profit rifarsi alla nostra base
programmatica pubblicata sul nostro giornale Nuove Antenne
successivamente alla perdita del monopolio da parte della Rai, ma la
colpa non è nostra, è di coloro che non hanno rispettato le regole,
neppure quando esse furono riaffermate dalla Corte Costituzionale.
Non è casuale ricordare la celebre sentenza n.202 del 1976 che
lascerà quasi indifferenti quanti all'epoca erano ragazzi o non
erano ancora nati, ma essa prevedeva la sola esistenza di piccole
emittenti ed è per questo che venne costituita la nostra
associazione appena un anno dopo ad un'altra organizzazione l'Anti
dello scomparso avvocato Eugenio Porta.
Ambedue concepivamo un sistema di comunicazione basato sul servizio
pubblico nazionale effettuato dalla Rai contornato da quello locale,
a “Corto raggio” locuzione questa ripetuta più volte nella citata
sentenza 202. .
Sappiamo poi come sono andate le cose e qui evitiamo di entrare in
un discorso dove si mescolano potere, politica e loschi interessi.
Ai nostri giorni, con la quasi totale scomparsa delle piccole radio
assorbite da imprese di dimensioni maggiori, si è creato un vuoto
macroscopico che stride rispetto a quanto stabilito dall'articolo 21
della Carta costituzionale sul Diritto di Comunicare e che richiede
di essere colmato da un massiccio rilancio del mezzo radiofonico a
raggio limitato di diffusione.
Stabilito che la radio è il mezzo più economico di massa che si
conosca in grado di informare gli ascoltatori su quanto avviene
nella zona in cui vivono, ci si domanda come sia possibile che le
nazioni europee non abbiano ancora reclamato - forse perché hanno
problemi tellurici minori rispetto a quelli che ha l'Italia –
frequenze in banda broadcasting con le quali mantenere un
collegamento con i cittadini, specie con coloro che risiedono in
contrade, frazioni, luoghi isolati che in occasione di calamità
naturali o dolose vengono spesso lasciati per giorni e giorni
nell'isolamento più completo.
Qualcuno si domanderà per quale motivo tanta attenzione per il le
piccole radio quando i mezzi per comunicare sono molteplici, dalle
emittenti radiofoniche nazionali e multiregionali alla telefonia
fissa e mobile; eppoi televisioni locali e nazionali, radioamatori e
mezzi di comunicazione istituzionale. La risposta è che essi hanno
in comune la vulnerabilità che va dalla mancanza di energia
elettrica al possibile crollo di ponti, strade non percorribili e
altro: solo una radio locale dotata di gruppi di continuità
elettrica che vive tutto l'anno la vita della comunità è in grado di
sapere e dare indicazioni a quanti vivono nelle località più
sperdute appena in possesso di una radio a batteria o di una
autoradio.
E' per questo motivo che la nostra associazione valendosi di una
frase lapidaria: “Almeno una radio in ogni comune” ha già
organizzato una quarantina di piccole emittenti riunite in un Albo
Radio di Emergenza (A.R.E.), pronte ad entrare in azione in caso di
calamità con una autonomia energetica di un paio settimane. Un
numero certamente esiguo considerato che i comuni italiani sono
oltre ottomila, ma sufficienti per spingere il Consesso
pianificatore mondiale a concedere due frequenze comuni a tutte le
nazioni dove attestare “ad incastro” un gran numero di piccole
emittenti gestite da Enti locali, associazioni, pro-loco,
organizzazioni studentesche e religiose, privati cittadini, fino ad
ottenere altrettanti giornali parlati di valido aiuto ai mezzi di
soccorso, ai Vigili del fuoco e alla Protezione civile, ma anche
informativi, ricreativi, valorizzatori dei prodotti e della cultura
locale.
L'esistenza di tanti minuscoli centri radiofonici di pubblica
utilità e di alta funzione sociale non può essere ignorata, la
questione del reperimento delle frequenze è secondaria, basta
ricordare che in campo televisivo pur di rastrellare frequenze – non
certo per ragioni filantropiche - si è giunti a praticare la
politica degli espropri. (Conna)
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DOMANDE E RISPOSTE CHIARIFICATRICI (alla base giustificativa)
D) Esistono proposte e studi per adibire le Onde corte in quanto
mezzi di emergenza e di soccorso, perché non utilizzare quelle?
R) ben vengano quanti più mezzi possibili in soccorso delle
comunità, ma operare in Onde corte, alla portata delle istituzioni
per lunghe distanze, richiede ricevitori speciali, il cittadino
invece ha la necessità di valersi di radio commerciali, radioline a
batteria o cellulari con banda broadcasting.
D) la Protezione civile già si vale di radio a copertura regionale o
multiregionale, non sono sufficienti?
R) No, esse sono spesso inservibili quando la sede principale di
queste emittenti si trova decine o centinaia di chilometri di
distanza rispetto a dove si sta svolgendo un fatto. Ammesso in caso
di emergenza venga appositamente inviato un giornalista sul posto,
di fronte a ponti crollati, strade impraticabili, energia elettrica
mancante, telefoni fissi e mobili interrotti, magari anche scarso
conoscitore del luogo, il cronista sarebbe impossibilitato a dare
indicazioni utili ai. Identico discorso vale anche per la
Concessionaria RAI.;
D) chi avvertirebbe i cittadini dell'esistenza di un mezzo
radiofonico di soccorso?
R) I Comuni stessi indipendentemente dal gestore della radio che
può essere il comune stesso, una associazione, un ente religioso la
pro-loco o un normale cittadino. Non solo, ma periodicamente, in un
determinato giorno, che potrebbe essere chiamato “La giornata della
sicurezza”, si chiederebbe, agli ascoltatori in situazioni di
normalità, di ascoltare la radio locale verificando il funzionamento
del loro ricevitore a batteria, lo stesso dal quale in condizioni di
emergenza sentirebbe la voce istituzionale della Protezione civile,
dei vigili mpartire preziose indicazioni di comportamento;
D) cosa si intende per disposizione dell'uso delle due frequenze
concesse a “incastro”?
R) a “incastro”, a “pettine” o con altra espressione figurata, è
l'utilizzazione delle due frequenze (con una sola sarebbe
difficoltoso coprire l'intero territorio nazionale) in modo tale che
le varie radio si interferiscano il meno possibile fra di loro: una
scelta oculata effettuata da tecnici locali che conoscano bene
l'orografia del luogo, potrebbe far convivere un grande numero di
piccole radio.
D) in condizioni di “normalità” come sarebbe orientata la vita della
radio?
Come una normale radio comunitaria, preziosa come un tempo era la
fontana della piazza principale; un mezzo di dialogo e di
informazione fra i cittadini, valorizzatore di prodotti locali, una
palestra mentale di apprendimento per i giovani, pronta - facendo
uso di una linea telefonica dedicata - a diffondere le sedute del
Consiglio comunale, una voce amica degli ascoltatori, specie di
coloro che non possono muoversi dalla loro casa;
D) anche se le spese che comporta l'impianto di una radio sono
estremamente basse rispetto a qualsiasi altro mezzo di diffusione di
massa come vivrebbe a lungo andare una radio comunitaria?
R) molto meglio di come si trascinano le rare piccole radio
comunitarie rimaste oggi perché con la veste istituzionale assunta,
aumenterebbero gli ascolti e con essi il numero degli annunci di
piccola pubblicità e i Comuni – specie nel caso di trasmissioni
delle sedute consiliari - non resterebbero certamente indifferenti
di fronte a un mezzo di promozione culturale e sociale In certi casi
la presenza di una radio all'interno di una comunità potrebbe
cambiare completamente la vita del centro abitato ed in particolare
di chi la conduce. (CONNA)
Far parte del CONNA costa solamente 51,50 Euro all'anno e lo si può fare
cliccando qui.
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