UNA
SINTESI DEL PROGETTO
articolo
tratto dal nostro periodico NUOVE ANTENNE (Novembre 1999)
Il
problema di stabilire delle regole che limitino gli effetti dell'influenza
che televisioni e radio hanno sugli ascoltatori/elettori non può essere
eluso dichiarandosi a favore di una libertà selvaggia come hanno fatto
Aer e Frt, ma affrontato e risolto con vantaggio delle stesse emittenti,
mettendo da parte vecchie e insostenibili posizioni di predominio
informativo e ricorrendo alle sia pur pessime leggi vigenti, che però
considerano TUTTE le radio e le tv esistenti mezzi di informazione di
PUBBLICA UTILITA' (norme di esproprio dei terreni per le postazioni di
trasmissione contenute nelle leggi 223/90 e 249/97 art.4 comma 3 ).
Perché allora non raccogliere questa insperata "concessione" di
legge adottando un comportamento simile a quello della Rai che assicura
(sia pure in modo imperfetto) spazi di propaganda politica per tutti?
La maggioranza dei titolari di mezzi radiotelevisivi già si regola in
questo modo evitando un uso improprio del mezzo, altri invece hanno dato
luogo ad abusi per fini di parte facendo nascere l'esigenza di stabilire
delle regole.
Purtroppo il Ddl partorito dal governo (Atto Senato 4197) non è
all'altezza della situazione, né in armonia con stati di fatto
consolidati meritevoli di una risposta innovativa che non stabilisca
proibizioni che non siano puramente tecniche: la legge 515/93 (detta di
"par condicio"), pur infarcita di regole e divieti, ha permesso
grossolani abusi "legali".
La parola libertà pertanto deve sostituire quella del divieto per
permettere a quanti sono presenti sulla scena politica un accesso TUTTO
L'ANNO ai grandi e ai piccoli mezzi di diffusione televisivi e
radiofonici, non più deciso dal capriccio (in realtà secondo
convenienza) delle direzioni delle reti nazionali.
Cesserebbe così lo scandaloso mercato sottobanco degli "show" e
delle interviste a ripetizione che vede determinati personaggi
costantemente in mostra in cambio di una acquiescenza parlamentare che ci
ha regalato pessime leggi: insieme al già importante problema della
"Par condicio", si risolverebbe così, con una sola legge, anche
la questione del CONFLITTO DI INTERESSI perché le regole sarebbero UGUALI
PER TUTTI.
Libertà RECIPROCA, intendiamoci bene, anche da parte di una impresa
"tutta commerciale" che non intenda "trattare" la
politica e non invitare politici a tavole rotonde, dibattiti, conferenze,
partecipazioni a spettacoli di varietà ecc., e tanto meno trasmettere
"spot".
Le obiezioni che ci sono state fatte cui abbiamo risposto erano
principalmente di due tipi: i controlli sull'equità dei tempi dedicati ai
vari soggetti e la copertura delle spese di trasmissione.
Per quanto riguarda i controlli, grossi problemi non ce ne sono perché
tutte le leggi che regolano la materia, dalla Mammì in poi, prevedono
indagini sul contenuto dei programmi mediante la verifica delle
registrazione conservate per tre mesi, al punto che a molte emittenti è
stata revocata la concessione perché non hanno mantenuto gli obblighi di
tempo dedicato all'informazione, alle ore complessive di trasmissione,
oppure ancora alla quantità di pubblicità trasmessa; comunque, ad ogni
buon conto, una tolleranza del 5 per cento sui tempi distribuiti alle
varie forze politiche eviterebbe sanzioni e investigazioni esasperate e
cavillose.
La parte finanziaria sembrerebbe la più scabrosa da affrontare ma non è
così: l'indennizzo a beneficio delle varie emittenti che avessero deciso
di dar spazio alla politica potrebbe essere ricavato da una parte dei
finanziamenti post elettorali destinati ai partiti (questi ultimi, per i
vantaggi che otterrebbero non avrebbero interesse ad opporsi) e da una
percentuale del cànone, oggi quasi interamente destinato alla Rai, la
quale potrebbe "recuperare" con un più alto "tetto"
pubblicitario.
Il Conna, a proposito di "Grandi questioni" aveva il dovere di
suggerire da addetti alla comunicazione quali noi siamo, a politici spesso
sprovveduti in materia, un sistema piano, equo e praticabile, in grado di
risolvere la questione del diritto a comunicare per tutti e per una intera
legislatura, considerato che la pubblicità più penetrante e insidiosa è
quella che viene fatta tutto l'anno e non solo in periodo elettorale.
Le emittenti locali avrebbero tutto da guadagnare perché oltre al
prestigio e all'ufficialità che conquisterebbero in cambio di una
maggiore attenzione nella scelta delle notizie e delle presenze
all'interno delle trasmissioni, avrebbero assicurato un sostanzioso
rimborso spese ad ogni tornata elettorale, e così le reti Mediaset, oggi
disertate dai politici concorrenti che non intendono finanziare i propri
avversari.
Purtroppo, già lo si intuisce, dai rifiuti incrociati, dalle ripicche dei
politici e dall'ondata emotiva non scaturirà nulla di buono (già si
parla di mercanteggiamento sugli "sconti", peraltro già
previsti dal Regolamento della legge 515/93, pubblicato sulla G.U. n.21 il
27.01.1994, di parziale "libertà" per le locali di trasmettere
"spot" e di divieto per le reti nazionali), fino a quando, dopo
l'ennesimo fallimento, forse, ci si ricorderà del nostro progetto.
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