CARTE IN TAVOLA
Avevamo promesso nel 2001, all'atto della emanazione di quella scandalosa vergogna incostituzionale che è la nota parte della legge legge 66/2001, che nessuna emittente avrebbe chiuso e abbiamo mantenuto la promessa. Allora raccogliemmo i fondi per dar luogo ad una azione legale che si risolse in modo obliquo a causa di una giustizia amministrativa malata di cui abbiamo parlato diffusamente anche sulla prima pagina del nostro giornale Nuove Antenne, ma non abbandonammo due strade: la prima, quella di lottare in sede legale ed europea fino a quando non fossero riconosciute le incostituzionalità della legge 66; la seconda, quella di perseguire attraverso una trattativa con il Ministero l'obiettivo di trovare comunque una soluzione temporanea al problema. La proposta più ovvia rivolta al ministro per interposta persona è stata quella di abrogare la canagliata insita al comma 2 bis dell'articolo 1. Purtroppo mala ventura ha voluto incappassimo in un ministro parolaio che fra un concorso di bellezza e una sagra della castagna si è trincerato dietro le colpe degli altri. "E' l'unica legge sacrosanta che ha prodotto il centro-sinistra" ha sparato addosso ad alcuni postulanti che erano andati un giorno a trovarlo in pellegrinaggio, dimenticando che il "centro-sinistra" già da molto tempo prima dell'approvazione della legge Mammì era succubo e impaurito da quell'organizzazione che ha sede a Milano e la rappresentanza a Roma che ha sempre imposto ministri, sottosegretari, garanti vari ecc... di sua fiducia. Prova ne è che temendo reazioni mediatiche tremende tipo quelle che si ebbero ai tempi dell'oscuramento di Fininvest nel 1985, il centro-sinistra non ha neppure avuto il coraggio di approntare uno straccio di legge contro il palese conflitto di interesse di Silvio Berlusconi il quale, mostrando una incredibile mancanza di riconoscenza, glielo ha più volte rimproverato.
La seconda proposta è stata formulata in rapporto al supporto che potevano offrire i contributi previsti nella Legge finanziaria (da distinguere da quelli editoriali che per legge spettano a tutti, radio commerciali e "comunitarie", comunque la pensino i funzionari della "Presidenza del Consiglio"). "Se venissero riservati i contributi a quelle sole imprese che si sono trasformate in società di capitali e assunto dipendenti - proponemmo - si potrebbe raggiungere un equilibrio in grado di risolvere la situazione". Con l'accoglimento di questo accorgimento compensativo facilmente praticabile, con un po' di buona volontà poteva essere evitata anche in prospettiva una brutta figura all'Italia perché quando la Corte di giustizia delle comunità europee infine metterà le mani sull'infame pasticcio, emergerà un grossolano abuso poco commendevole per il nostro paese. Ma anche in questo caso il diniego è stato immediato e ingiustificato. Anche l'affrancamento di tutte quelle ditte individuali dagli "obblighi" della '66 che fatturassero meno di 100mila euro all'anno non ha avuto sorte migliore. Rimaneva la riapertura dei termini "mascherata", ossia la sollecitazione dell'invio di una lettera da parte del Ministero agli "irregolari", dove si dava loro la possibilità di avanzare domanda per trasformare la propria impresa in radio comunitaria. LI abbiamo chiamati "irregolari" perché non si tratta solo dei famosi coraggiosi come li avevamo definiti un tempo, ma come abbiamo scritto nell'articolo del 18 novembre "Coraggiosi, radio pericolanti, imprese costrette a licenziare i dipendenti dopo averli assunti e quindi attualmente "non in regola", ditte individuali trasformate (sbagliando) in sas o snc", cioè tutta una intera categoria di radio che per le ragioni più diverse non possono o non intendono ottemperare alla legge 66/2001.
Mentre eravamo alla ricerca di una soluzione praticabile, per mesi siamo stati tempestati per telefono, lettere, e-mail da titolari di radio che si sentivano mancare la terra di sotto i piedi nella prospettiva di una chiusura. Qualcuno, preso dal panico, si è perfino rivolto ad altre associazioni implorando una difesa non meglio precisata in caso di decreto ministeriale di interdizione, ricevendo una accoglienza entusiastica: acquistare un "cliente" per uno dei tanti comitati di affari mascherati da associazioni non poteva che far loro piacere. Per il Conna, invece, associazione autenticamente non-profit e non per finta, ogni iscritto costituisce un impegno e una fatica in più che assolviamo con un pizzico di stoicismo (autolesionista?) anche di fronte a comportamenti spoetizzanti. Tuttavia, dopo alcune "sbandate", tutti sono ritornati a chiedere alla nostra associazione rendendosi conto che non poteva non essere così al fine di essere rincuorati e rassicurati . La nostra certezza nel consigliare di pazientare e avere fiducia aveva radice principalmente in due fatti di estrema gravità per il Ministero: il mancato rilascio delle concessioni nel 1993/94, e l'improvvido cambiamento delle regole del gioco rispetto a alla legge 223/90 che prevedeva l'esistenza di ditte individuali senza l'obbligo di assumere dipendenti. Non eravamo i soli ad aver avuto questa intuizione perché al viale America 201 ben si sapeva a cosa si sarebbe andati incontro; la miglior prova è venuta dallo stato delle istruttorie a carico di ciascuna emittente che potevano essere concluse rapidamente, ma che invece hanno segnato il passo per tanto tempo favorendo l'esigenza da parte dello staff politico-amministrativo di giungere comunque ad una soluzione del problema.
Si arriva così al mese di ottobre scorso quando si è fatta strada l'ipotesi - confermata in questi giorni - di dar modo alle ditte individuali radiofoniche di rivolgere domanda per trasformarsi in associazioni, cooperative o fondazioni. Il meccanismo proposto consisterebbe in un invito ministeriale mediante lettera raccomandata rivolto a tutte le emittenti che sono risultate "negative" (le altre dovranno mettersi in urgente contatto con il Conna) di comunicare entro 20 giorni la volontà di trasformazione, più dieci per inviare gli atti. Il Conna con questa possibile soluzione mantiene la sua promessa di risolvere il caso e giustifica l'invito all'ottimismo rivolto alle radio per tanto tempo. Stabilito questo punto di prestigio per la nostra associazione, dobbiamo nel contempo renderci conto che ci si trova di fronte ad una situazione diversificata: accanto a chi deciderà di trasformarsi in ogni modo in associazione (con la conseguente perdita di parte della sua indipendenza commerciale), esistono un notevole numero di emittenti radiofoniche che continueranno a non voler sottostare a quello che è un autentico sopruso. Inoltre, imprese che avevano "ottemperato" alla legge '66 e che oggi per le ragioni più diverse non sono più "in regola" (licenziamento di dipendenti, trasformazioni non consentite ecc..) dovranno prima che arrivino fulmini ministeriali compiere delle scelte anche di carattere giudiziario che il Conna cercherà di "pilotare" nella migliore direzione. Comunque vadano le cose esse non saranno sole perché il passo incostituzionale della legge 66/2001 rimane tale e l'impegno primario per il Conna rimane quello di un rinvio alla Consulta da parte di un tribunale degno di questo nome e non di un apparato amministrativo negatore di giustizia, addomesticato dalla prassi che vede suoi magistrati essere alternativamente consulenti dei ministeri impegnati praticamente a giudicare le "loro" stesse leggi. La condizione ideale per il Conna si verificherebbe se tutte le emittenti fossero decise a procedere nel senso di uno scontro giudiziario in sede nazionale ed eventualmente europea con alte probabilità di vincere su tutti i fronti. Tuttavia, considerato che difficilmente potrà verificarsi l'unanimità in questo senso anche perché esistono casi specifici che obbligano certe ditte individuale a trasformarsi in associazione, invitiamo tutti gli interessati a pronunciarsi in tempi assai ristretti in un senso o nell'altro al fine di avere un quadro esauriente degli schieramenti comunicando per lettera o in e-mail a (cliccare qui) oppure direttamente al coordinatore (cliccare qui), non dimenticando di allegare il proprio indirizzo, numero di protocollo e telefoni per una più rapida identificazione.
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