ALLARME PER LA RADIOFONIA! |
...non lasciamoci imbavagliare
I
POLI SONO DUE, MA IL CIBORIO E' UNICO
Se
i titolari di emittente radiofonica vorranno divertirsi, certi che saranno le
emittenti locali infine a vincere perché l'Italia è ancora uno Stato di
diritto, non avranno che da leggere il resoconto stenografico di quanto è stato
detto nella notte che va dal 7 all'8 marzo in Senato.
Ogni
pessimismo ripetiamo deve essere abbandonato perché le leggi si possono
cambiare specie se sono palesemente ipocrite, menzognere e incostituzionali.
Si
abbandoni quindi l'idea di cedere alla tentazione di vendere la propria radio
agli sciacalli che hanno ripreso ad assillare come mignatte le imprese a
conduzione familiare dicendo al proprietario: "vendete perché intanto vi
chiuderanno".
Si
noterà anzitutto che Carlo Rognoni il senatore di cui ci siamo occupati sul
nostro periodico Nuove Antenne, ha dato inizio al "dibattito" facendo
pure dello spirito parlando di "giornata ad alta produttività".
Rognoni
odia da sempre le emittenti locali al punto che ha fatto di tutto pur di essere
il relatore di questa legge liberticida che impone - contro ogni regola
commerciale e industriale - l'assunzione forzata di dipendenti per le radio.
Perché le odia? Chissà, bisognerebbe capire come ha passato il suo tempo il
cinquantottenne senatore dei Ds in compagnia delle sue frustrazioni personali
che gli hanno fatto masticare amaro per tutta la vita riuscendo a sfogarsi non
appena possibile e non certo con i più forti.
Di
gente che odia ce n'è tanta. Uno di questi è l'ex presidente della Federazione
nazionale della Stampa Mario Ciancio Sanfilippo di cui riuscimmo casualmente a
conoscere i motivi dell'avversione che mostrava nei confronti delle emittenti
locali.
Avevamo a tutta prima pensato che il presidente della Federazione della
stampa intendesse prendere le distanze dal dilagare di radio e televisioni che
inficiavano mezzi ritenuti più nobili quali giornali e riviste; insomma,
avevamo creduto nella sua filosofia, fondata su buona fede e alti valori
culturali espressi se non altro per sentirsi all'altezza di un nome così
altisonante: Mariocianciosanfilippo.
Invece
scoprimmo improvvisamente e casualmente che il signor Ciancio altri non era che
un imprenditore televisivo di Catania, celebre (specie negli ultimi tempi) per
acquistare emittenti locali in quantità industriale al punto da meritare
accanto alle palle del suo blasone la scritta "Compro tutto".
Ma
ritorniamo allo stenografico.
Di
un desolato squallore l'intervento del senatore Castelli della Lega (difensore,
se non andiamo errati della piccola impresa. O no?); basato sul vuoto del suo
discorso che ha cercato di riempire di chiacchiere derivate da concetti mal
digeriti, concluso con la motivazione della sua comoda astensione, mascherata
appena dalla furbesca insoddisfazione di chi approva senza darlo tanto a vedere.
Cominciando
a leggere quanto ha detto Servello ex Msi, oggi An, si è portati a dire,
finalmente uno pronto a cantargliele tutte, che manifesterà la sua contrarietà
ad un disegno di legge immodificabile che mira a distruggere le radio locali, da
approvare in tutta fretta e di notte, che prende letteralmente in giro il Senato
in quanto istituzione, vietando ogni emendamento o modifica. Speranza infondata:
anche Servello della "opposizione" finirà con il dire che i voti
positivi del suo gruppo sono a disposizione su di un piatto d'argento per chi li
voglia raccogliere.
La
palude degli scarsi interventi mostra ancora il melenso trionfalismo del
sottosegretario Lauria (l'altro sottosegretario Vincenzo Vita, il vero autore
della legge, lanciato il sasso e nascosto prontamente il braccio non è più
apparso), a tutto sostegno entusiastico della trasformazione in legge
dell'incredibile disegno.
Infine il senatore Veraldi del PPI, residente a
Soveria Simeri (Catanzaro) verso il quale, in periodo elettorale, si spera le
emittenti della Calabria ne ricordino l'operato, dopo aver chiesto di
parlare...non ha parlato, limitandosi a consegnare un inutile testo scritto che
nessuno mai leggerà.
Le
emittenti in queste ore ci domandano come potranno impostare una efficace difesa
per la loro sopravvivenza.
Intanto sul piano generale raccontando agli
ascoltatori che fra Centro destra e Centro sinistra non c'è differenza quanto a
disonestà e malafede, invitando da subito (prima che scatti la legge di
"Par condicio") coloro che non si asterranno dall'andare a votare, a
sostenere quelle forze politiche (ce ne sono per tutti i gusti) che non fanno
parte dei due schieramenti: sarà sempre meglio che far capo ai due poli.
Questo
per un minimo di rivalsa, anche se ciò conta fino ad un certo punto sul piano
della difesa specifica; quest'ultima invece, per la prima volta, forse potremo
impostarla efficacemente, oltre che per l'argomento traumatizzante
dell'imposizione dei dipendenti, anche in funzione di tutta una serie di
rivendicazioni che riconoscano all'emittenza locale e l'importante ruolo che essa
ha.
Il ricorso alla magistratura non appena ci saremo contati a questo punto sarà
inevitabile senza per questo abbandonare il tradizionale invio di lettere e
telegrammi al Capo dello Stato non appena il direttivo del Conna lo deciderà.
Ricordiamo
che oltre al nostro sito www.conna.it sul quale ci state leggendo, potrete
consultare quello del giornale Nuove Antenne www.nuoveantenne.it sul quale
pubblicheremo tutte le lettere che perverranno alle nostre E-mail: conna@conna.it
e redazione@nuoveantenne.it
Scrivete
quindi le vostre impressioni senza preoccuparvi troppo della forma che
solitamente "blocca" chi scrive perché non ci interessa la prosa
fiorita, ma il contenuto delle vostre lettere.
Primo Commento al DL 23 Gennaio 2001
n. 5
Gli operatori televisivi che hanno avuto modo di esaminare il decreto legge del 23
gennaio scorso n.5, pubblicato il giorno dopo sulla G.U. (serie generale n.19),
avranno avuto un moto di sdegno se non di rabbia tanto il documento partorito
dal ministero delle comunicazioni per mano del sottosegretario Vincenzo Vita
delegato dal ministro Cardinale risulta arrogante e antidemocratico.
Cosa sia successo a Vincenzo Vita, irriconoscibile rispetto alla persona che
avevamo conosciuto in tempi ormai lontani rimane un mistero.
L'involuzione della Sinistra che ha finito per svendersi per un piatto di
fagioli, cessando la pubblicazione dei suoi giornali e alienando le sue sedi,
non basta per giustificare il suo operato che è ben al di sotto di quello che
fu il "braccio destro" dell'ex ministro Mammi, Davide Giacalone.
Il decreto, dopo aver procrastinato il rilascio delle "concessioni" al
15 marzo 2001, (non si è capito bene se esse riguarderanno l'analogico o il
digitale), esordisce all'articolo 1 punto primo, precisando che coloro che non
la otterranno potranno "proseguire l'esercizio della radiodiffusione con i
diritti e i doveri del concessionario".
Ognuno può immaginare con quale spirito i "non concessionari"
proseguirebbero l'attività senza un futuro, comunque assoggettati al pagamento
di canoni e tasse, mentre vengono ulteriormente spalancate le porte a
coloro che all'atto della domanda di concessione non esercivano, consentendo
loro di acquisire (comprare) impianti operanti alla data di entrata in vigore
del decreto.
Detto in soldoni, ciò significa che ad estranei, cioè a gente che non hanno
mai svolto attività alcuna, provviste però di ingenti capitali, si consente di
espellere chi ha dedicato la sua vita al settore televisivo.
Viene inoltre rafforzata la possibilità alle reti nazionali che non coprono il
settantacinque per cento del territorio di incettare frequenze di imprese locali
senza che la possibilità sia (almeno teoricamente) reciproca.
Questa paccottiglia, palesemente incostituzionale perché mette su piani diversi
aziende che a norma del codice civile hanno gli stessi diritti e lede
profondamente il diritto di espressione, è stata partorita, pensate, proprio da
quel Vincenzo Vita che sosteneva di amare tanto le "locali"!
Il punto secondo, sempre dell'articolo uno, è un miracolo di ridicole
contorsioni dove l'analogico si mescola con il digitale al punto da rivelare la
vera ragione tutta elettoralistica del rilascio entro il 15 marzo di
"concessioni" totalmente inutilizzabili.
L'articolo 2 poi, rivela tutta la inefficienza mista a malafede di quanti non
hanno fatto nulla per affrontare i problemi di inquinamento da onde
elettromagnetiche.
Invece di affrontare in sintonia con i ministeri dell'ambiente e della sanità
il problema, stabilendo limiti cautelativi da non superare in nessun caso, si è
assistito senza fare assolutamente nulla alla continua massiccia irradiazione di
ignari cittadini che per lavoro sono costretti a vivere in veri forni ad alta
frequenza.
Ci riferiamo esemplificando, per meglio intenderci, alle terrazze di certi
alberghi come il Michelangelo di Milano, o il grattacielo Pirelli, l'Hilton di
Roma oppure ai dintorni dove operano le mega-antenne di Radio Vaticana.
Per contro, si è dato corpo alle ombre, accettando il "dictat" di un
attivissimo comitato romano di Monte Mario che in un primo tempo il Conna ha
sostenuto, fino a quando sono apparsi evidenti intenti di protagonismo e di
demagogia, il quale, tuttavia, è riuscito ad imporre a ministri e
sottosegretari inerti e incompetenti livelli di radiofrequenza dispersa di 6
volt/metro.
Ebbene, ritornando al decreto, l'articolo 2, dimenticandosi che la legge Mammì
all'articolo 3 prevedeva l'esproprio dei terreni adatti alle postazioni di
trasmissione, fa ricadere sulle radio e televisioni ogni responsabilità
mediante una normativa apocalittica.
Si dice per esempio che a carico economico delle emittenti, dovranno essere
trasferiti gli impianti nei siti identificati da regioni e province entro 120
giorni pena la disattivazione!
E che per coloro che non obbediranno prontamente sono previste multe da un
minimo di 50 milioni (non riducibili) a 300 milioni!
Traducendo ancora dalla pessima prosa, ciò significa che Mediaset, attestata
sul "Pirellone" di Milano potrà pagare eventuali ammende ed agire con
tutta calma fra un ricorso e l'altro, mentre le emittenti locali dovranno subire
un ulteriore colpo mortale.
Operatori radiotelevisivi, il Conna sopravviverà anche dopo la eventuale
scomparsa dell'ultima emittente locale perché interessandoci della difesa dei
cittadini e del loro buon diritto di essere informati ci occuperemmo di altro.
Siete voi quindi le sole, uniche vittime delle prepotenze di un potere cieco ed
ottuso impastato di malintesa "New economy" che persegue
esclusivamente strade legate ai grandi interessi.
Sappiate difendervi per tempo, cominciando con allontanarvi da quelle associazioni che
lucrano sulle vostre disavventure con la scusa di darvi una assistenza legale o
commerciale che potete benissimo ottenere da un commercialista o, quando serve,
da un avvocato delle vostra zona con la consulenza gratuita del Conna.
Per quanto ci riguarda, cercheremo di fare la nostra parte tentando di proporre
emendamenti: un compito assai difficile, perché il decreto che abbiamo appena
commentato meriterebbe senza indugio di essere cestinato.
Mario Albanesi
Secondo Commento al DL 23 Gennaio 2001
n. 5
Il
commento che abbiamo fatto sul testo base del decreto del 23 gennaio scorso
n.5,
non era abbastanza duro rispetto al rincaro della dose di vigliaccheria che
qualifica l'ultima stesura attualmente all'esame dell'aula del senato,
(consultabile in questo stesso sito)
Nel decreto "aggiornato", trasformato in disegno di legge, si coglie
l'occasione per annunciare un nuovo "disciplinare" che il ministero
delle comunicazioni dovrà eruttare entro il 30 giugno, molto simile a quello
delle televisioni che (a pagamento) ha stabilito privilegi per coloro che
vantano coperture finanziarie imponenti.
Come
non bastasse, viene imposta l'assunzione di un minimo di due dipendenti per
tutte le radio che devono presentarsi "in regola" entro il 30
settembre di quest'anno.
Ora, siamo certi, qualche titolare di emittente sorriderà dietro ai baffi (se
li ha) pensando che per la sua impresa non è un problema assumere dipendenti.
Questo, chiamiamolo ottimismo, merita due considerazioni:
1) ogni democratico sano
di mente dovrebbe respingere qualsiasi soluzione "autoritaria" che
proceda in senso opposto al dettato costituzionale;
2) anche ragionando in
modo antidemocratico ed egoistico, un minimo di prudenza suggerirebbe cautela:
il futuro può riservare per la propria impresa un periodo di crisi durante il
quale può essere necessario risparmiare frenando ogni spesa fissa.
Le
radio pertanto (ma anche le televisioni hanno gli stessi problemi) devono
difendersi. Come?
Intanto da tutte le associazioni che le stanno mandando al macello, poi, devono
mostrarsi estremamente ricettive e organizzate rispetto a quelle iniziative che
il Conna - unica associazione disinteressata "non profit" esistente in
Italia - riterrà di intraprendere.
Nel frattempo, stiamo giocando alcune carte carte possibili come si dice, che
vanno dall'intervento presso deputati e senatori a lanci di agenzia stampa
(oggi, 20 febbraio, il comunicato del Conna che riproduciamo di seguito ha
occupato un'intera pagina sul Televideo
Rai).
Riteniamo però, come annunciato, che un ricorso collettivo di 100/200 radio
alla magistratura ordinaria permetta di rinviare alla Corte costituzionale un
provvedimento abominevole, indegno per un paese europeo.
Quanti comprenderanno per tempo il pericolo si mettano in contatto con la nostra
associazione. (M.A.)
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